L’Acquedotto Augusteo

L’acquedotto romano del Serino fu costruito intorno al 10 d.C. per risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico della città di Napoli.

Portava acqua potabile da Serino, sull’altopiano irpino nei pressi del Monte Terminio, a Misen, nella penisola flegrea, attraversando canali e condotti sotterranei nella pianura campana e toccando Sarno, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano, Casalnuovo, San Pietro a Patierno, Napoli, Pozzuoli per giungere fino alla Piscina mirabilis, a Miseno, dopo novantasei chilometri.

Tra gli studiosi c’è sempre stata incertezza su chi fosse il vero fondatore di questa rete idrica. In origine si ritenne fosse l’imperatore Claudio, poi Matteo Della Corte, direttore degli scavi di Pompei, suggerì Ottaviano Augusto. In effetti presso Montella, in provincia di Avellino, si trova una lapide che porta l’iscrizione: “Aqueductus fons Augustei… Puteoli, Neapolis, Nola, Atella, Acerrae, Cuma, Misenum”.

Nel 1939 fu scoperta anche una seconda lapide che ricordava lavori voluti nel 330 d.C. da Costantino Magno e dai figli Crispo e Costantino II: “I nostri principi, Flavio Costantino, imperatore pio, felice e vittorioso, Flavio Giulio Crispo e Flavio Claudio Costantino, nobili Cesari, comandano che fosse ricostruito, a loro spese, con la munifica consueta liberalità, l’acquedotto della fonte augustea, andato in rovina con il tempo per la grande incuria, e lo restituirono all’uso delle città sotto elencate: Pozzuoli, Napoli, Nola, Avella, Cuma, Acerra, Baia, Miseno”.

Inoltre anche Pompei ed Ercolano erano rifornite dall’acquedotto ma essendo state distrutte e coperte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. non compaiono in questi elenchi.

Il primo a tentare di capire il vero percorso dei canali fu l’architetto Pierantonio Lettieri, su incarico del vicerè Pedro de Toledo, ma una completa ricognizione del percorso non vi fu. Il Lettieri si limitò a far cenno ai diversi rami che si dipanavano dal principale. Del grande acquedotto sono note solo poche tracce isolate, alle quali, a seguito di recenti identificazioni, si aggiungono due straordinari ponti-canale individuati nell’area della Sanità a Napoli.

La struttura rappresenta la rete più fitta e lunga mai costruita dai romani fino al V secolo d.C.. Rispettava perfettamente i dettami vitruviani e fu una delle più grandiose e imponenti opere idrauliche realizzate dall’ingegneria romana.

Si pensò bene di sfruttare la naturale pendenza delle montagne della zona irpina, così da trasportare, senza bisogno di energia, l’acqua delle sorgenti dell’avellinese fino alla metropoli.

Questa complessa realizzazione idraulica è uno dei veri simboli della grandezza dell’Impero che con le sue conoscenze ingegneristiche ha sfidato i secoli.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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