Memorie della Grande Guerra: l’attacco col fosgene sul Monte San Michele

Il 29 giugno del 1916, gli austriaci fecero impiego, per la prima volta sul fronte italiano, del fosgene con esiti terrificanti.

Attaccarono all’alba, alle 5.15, con seimila bombole di gas asfissianti investendo le postazioni tra San Michele e San Martino sul Carso tenute dai battaglioni della 21ª e 22ª divisione. In centinaia di italiani morirono all’istante, altri, in agonia, vennero finiti dal passaggio di soldati armati di mazze ferrate. I battaglioni italiani si riorganizzarono, ne nacquero attacchi e contrattacchi che respinsero gli austriaci nelle linee di partenza, ma in tanti quel giorno perirono. Fu una delle più orribili pagine della Grande Guerra.

“Le perdite italiane furono infatti impressionanti. L’XI Corpo lasciò sul campo 6.900 soldati, la gran parte soffocati dal fosgene. Il 10° Reggimento fanteria della Brigata Regina, che occupava Quota 197, perse ben 1.666 fanti, di cui il 90% caduti. La loro morte fu lenta e terribile, con i polmoni e gli occhi arsi dal gas. Tra le migliaia di soldati italiani che morirono all’alba del 29 giugno vi fu Erminio Cortellessa, un soldato semplice di ventidue anni che prestava servizio nel 128 Reggimento della Brigata Firenze. Egli morì sul San Michele soffocato dal fosgene, assieme a centinaia di suoi commilitoni. La morte del soldato semplice Cortellessa venne ricordata per il fatto che il fratello maggiore, per una tragica ironia della sorte, era morto esattamente nello stesso punto sette mesi prima. Il ventiquattrenne Achille fu ucciso il 3 dicembre 1915 nel corso di un’azione del 132° Reggimento sul versante nord del San Michele, poco prima della conclusione della Quarta Battaglia. La perdita del secondo figlio fu un colpo terribile per la famiglia Cortellessa, contadini di Caserta, città nelle vicinanze di Napoli, nel povero sud d’Italia. Essi avevano già mandato alla guerra anche il loro terzo ed ultimo figlio, perché anch’egli potesse contribuire alla liberazione dell’ “Italia Irredenta”. In meno di cinque mesi il ventenne Luigi avrebbe raggiunto i fratelli nelle legioni di soldati italiani uccisi. Egli cadde il 10 dicembre 1916 nell’estremità meridionale del Carso, colpito a morte dal fuoco austriaco. Nell’arco di dodici mesi la famiglia Cortellessa aveva perso sul Carso tutti e tre i suoi figli. Non si sarebbe potuto sostenere sacrificio più grande per donare all’Italia quell’aspro altopiano calcareo” (John R. Schindler, Isonzo, il massacro dimenticato della Grande Guerra).

Tra i fanti del 30° Reggimento della Brigata “Pisa” c’era il Tenente Paolo Capasso, di Agerola (NA). Durante l’attacco, Capasso si presentò al comando del 29° Reggimento, schierato a fianco del 30°, comunicando la grave situazione in atto e chiedendo immediati rinforzi per contrastare l’offensiva. Pur colpito dalle esalazioni dei gas, Capasso si pose al comando dei pochi uomini ancora a disposizione e partì al contrattacco. Il fuoco nemico rendeva impossibile l’avanzata, allora Capasso prese altri rinforzi e tornò all’attacco cadendo eroicamente in un furioso combattimento col nemico. Il 23 agosto 1916 il Re Vittorio Emanuele III gli conferì “motu proprio” la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione:

«Durante un improvviso attacco nemico con gas asfissianti, rimasto separato dal suo reggimento, ponevasi a disposizione del comandante di un reggimento vicino, e, sebbene già soffrisse dell’avvelenamento dei gas, alla testa di pochi uomini, si slanciava contro il nemico, arrestandolo ed incalzandolo, finché, morente, cadeva per non più rialzarsi, dando fulgido esempio di valore ed eroico sentimento del dovere.»
— Groviglio (#Carso), 29 giugno 1916.

In quelle trincee inondate dal gas c’era stato, solo due giorni prima, Giuseppe Ungaretti. Un provvidenziale ordine aveva anticipato l’invio del suo battaglione in riposo a Mariano del Friuli.

Il San Michele era stato al centro di numerose battaglie, l’esercito tentò per mesi di ottenerle il controllo perché con la sua posizione dominava la bassa valle dell’Isonzo e permetteva di tenere sotto controllo la città di Gorizia. Al centro della Seconda Battaglia dell’Isonzo, nel luglio del 1915, fu definitivamente conquistato solo con la Sesta battaglia dell’Isonzo, nell’agosto del 1916, quando fu presa Gorizia.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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