Pietro Bonaparte e “l’omicidio Noir”

Tra i più celebri processi che gli archivi della storia conservano è quello che vide come imputato Pietro Napoleone Bonaparte, illustre esponente della famiglia napoleonica, accusato dell’omicidio del giornalista Victor Noir. Il processo iniziò lunedì 21 marzo 1870, nel Palazzo di Giustizia di Tours, davanti ad una giuria straordinaria composta da trentasei giurati, e si concluse dopo sei giorni, tra mille polemiche, con una sentenza completamente assolutoria per il principe che fu solo condannato alle spese processuali e ad un indennizzo di venticinquemila franchi.

Terzogenito di Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, Pietro era nato il 12 settembre 1815. Aveva vissuto negli Stati Uniti con lo zio Giuseppe ed aveva combattuto in Colombia col generale Santander. Venne a vivere in Italia, a Roma, ma il governo pontificio non tollerò a lungo la sua presenza. Quando i poliziotti gli intimarono di lasciare gli Stati della Chiesa rispose con la pistola, ne uccise uno, ne ferì due. Imprigionato a Castel Sant’Angelo si rassegnò a lasciare Roma. Tornò a Parigi in occasione della rivoluzione del 1848 e fece parte del Comitato di Guerra schierandosi da allora sempre con l’estrema sinistra. Votò con quel gruppo per l’imposta progressiva, il credito fondiario, l’amnistia e più tardi, con loro, disapprovò l’intervento francese contro la Repubblica Romana. Fu dopo la spedizione d’Algeria, al ritorno in Francia che si rese protagonista dell’omicidio di un giornalista.

Il 10 gennaio 1870, Pietro uccise a revolverate Yvan Salmon, vero nome di Victor Noir, redattore del quotidiano La Marseillaise. L’uomo s’era recato a casa di Pietro con un collega, il giornalista Ulrich de Fonvielle, per consegnare un delicato messaggio al Bonaparte.

All’origine di tutto c’era la querelle scoppiata nel dicembre del 1869 tra due giornali corsi, il radicale La Revanche, diretto da Paschal Grousset, direttore anche del quotidiano parigino La Marseillaise, fondato dal marchese Henri Rochefort-Luçay, ed il lealista L’Avenir de la Corse. Il primo giornale aveva pubblicato una lunga scritto di accuse, insinuazioni e offese contro Napoleone e la sua famiglia, L’Avenir poco dopo aveva reso pubblica una lettera di Pietro Bonaparte, pronipote dell’imperatore, che accusava La Revanche di vigliaccheria.

Grousset si sentì deriso e insultato e chiese che il principe si scusasse, Pietro, invece, scrisse al Rochefort che era stata ingiuriata tutta la sua famiglia e per questo non si scusava, ma invitava Rochefort ad affrontarlo in un duello, inviandogli l’indirizzo della sua casa a rue d’Auteuil. Il giorno seguente, Grousset mandò Noir e Fonvielle a quell’indirizzo per fissare i termini di un duello, contrariamente all’usanza di farli entrare in contatto coi padrini del rivale. Il principe li ricevette ma rifiutò la sfida affermando di voler sì combattere ma col Rochefort che era nobile come lui.

A quanto pare nel corso della discussione che si generò certamente con toni molto accesi, Noir schiaffeggiò Pietro che, ritenendosi aggredito e credendo di essere in legittima difesa, estrasse la sua pistola e sparò freddamente al suo aggressore. Davanti alla corte Pietro dichiarò che i due si erano presentati “con le mani in tasca e con aria minacciosa e insolente”. Rifiutò la lettera e allora Noir l’aveva colpito al viso e Fonvielle aveva subito estratto la pistola. Viceversa per Fonville fu Pietro Bonaparte a colpire Noir. Lo fece col pugno sinistro mentre con la mano destra tirava fuori il revolver col quale l’avrebbe ferito mortalmente. Anche Fonvielle si tolse la pistola dalla tasca, ma prima che potesse estrarla dalla custodia, il principe gli sparò, senza colpirlo, e riuscì a fuggire.

Mentre Pietro era in carcere alla Conciergerie, gli amici del defunto organizzarono imponenti manifestazioni anti-bonapartiste che ebbero il loro culmine durante i funerali dell’ucciso, svoltisi il 12 gennaio 1871. Il corteo che accompangò il feretro nel cimitero di Neuilly, vide la partecipazione di centomila persone capeggiate dal Rochefort. Il 21 marzo 1870 si riunì l’Alta Corte di Giustizia, unico tribunale abilitato a giudicare un membro della famiglia dell’imperatore, gli riconobbe la legittima difesa. I fatti crearono non poco imbarazzo a Napoleone III, che, a processo concluso, scrisse al cugino invitandolo a lasciare la Francia e gli proibì pure di usare il suo secondo nome, ma Pietro non lo fece.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: P. Milza, Napoléon III

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