Tre cose da vedere a Siracusa

La più bella città che i Greci costruirono in Occidente? E’ Siracusa, parola di Cicerone! E allora cosa aspettare per visitarla? Vi suggeriamo tre approdi che non potete lasciarvi sfuggire. Il primo non poteva non essere l’area archeologica, seguita subito dopo dal Duomo ed infine dall’Orecchio di Dionisio. Resterete a bocca aperta!

L’area archeologica

Quando nel 415 a. C. Atene in lotta contro Sparta si organizza per conquistare Siracusa, la città siciliana è la maggiore dell’isola.
Fondata da coloni corinzi sul blocco di rocce dell’isolotto di Ortigia, rappresentava un solido baluardo difensivo ed un facile punto d’approdo con qualsiasi tipo di vento, così era stata soggetta ad un tumultuoso sviluppo. L’ateniese Alcibiade, posto a capo di quarantamila uomini, come ci racconta Tucidide, si scontrò con l’aspra resistenza dei siracusani che si difesero in tutti i modi possibili, ricorrendo a stratagemmi, alleanze e nuove tecniche di combattimento navale fino a quando, dopo due lunghi anni di guerra, ebbero la meglio. Tucidide racconta che la sconfitta fu grave e solo poche migliaia di ateniesi riuscirono a tornare a casa. Questa pagina di storia è tra le più importanti della città siciliana e fa di Siracusa uno dei maggiori centri archeologici siciliani, ricco di testimonianze di quest’epoca. Di fatti la zona archeologica, con il teatro greco, l’anfiteatro romano ed il museo archeologico, è sorprendente. Il teatro greco è uno dei più grandi e meglio conservati dell’antichità. Le sue gradinate sono quasi interamente scavate nella roccia e fronteggia il mare. L’anfiteatro romano, invece, è maestoso e sembra si possa valutare lungo circa centoquaranta metri. A Villa Lanolina, dal 1988, poi risiede quello che probabilmente è il museo archeologico più attrezzato e moderno d’Italia. Vi sono raccolti reperti provenienti da scavi effettuati in tutta la Sicilia orientale ed organizzati in tre sezioni. La prima raccoglie ciò che è emerso dal neolitico all’età del bronzo, con gli scheletri di due elefanti nani; la seconda è dedicata ai reperti di Siracusa provenienti dai templi di Apollo ed Atene; la terza presenta i reperti provenienti dalle colonie di Siracusa, in particolare da Eloro.


Il Duomo

Nel 535, Siracusa venne conquistata, insieme alla Sicilia, dal generale bizantino Belisario. Nell’impero, la città conserva il suo status di grande e ricco centro commerciale fino a quando, nel 625, la flotta di Bisanzio si scontrò nelle acque di Alessandria contro quella araba. Le sorti della battaglia apparvero da subito segnate e, nonostante l’accanito duello, i Greci furono sconfitti. Poche settimane dopo alcuni vascelli arabi gettarono le ancore nella baia di Siracusa. In città erano deboli i presidii militari e gli arabi poterono sottoporla a saccheggio. Fu uno dei primi raid che preannunciava un futuro diverso. Nell’825, su richiesta di un pugno di ribelli siracusani, l’emiro aghlabita Ziyadat Allah I, fece sbarcare in città settecento cavalli e diecimila uomini per dare manforte alla rivolta antibizantina. Cominciò così l’occupazione araba della Sicilia. Caddero Marsala (Marsa’Ali) e poi Palermo (Balerm). Poi toccò a Siracusa, la cui Cattedrale fu saccheggiata. Oggi essa è una delle meraviglie architettoniche che cattura l’attenzione del turista. Costruito su di un tempo dorico dedicato alla dea Atena, divenne basilica cristiana coi Bizantini e, poco dopo il VII secolo, il vescovò Zosimo vi trasferì la cattedrale. Saccheggiato e trasformato in moschea con gli arabi, viene arricchito di fantastici mosaici in epoca normanna. Le ristrutturazioni del Seicento culminano nella ricostruzione della facciata e nell’apertura di nuove cappelle. Il fascino dell’edificio si condensa nel fatto che nessuna di queste trasformazioni è mai riuscita a cancellare del tutto la fisionomia precedente al punto tale che oggi le colonne doriche dell’antico tempio sorreggono l’abside bizantina sinistra dove è collocata la statua cinquecentesca della Madonna della Neve di Antonello Gagini. Nella facciata in pietra bianca locale, animata da maestose colonne, si inseriscono le statue di San Marziano, primo vescovo di Siracusa, di Santa Lucia e della Madonna del Piliere, protettori della città. Ai lati della gradinata si trovano le due statue di San Paolo e San Pietro opera di Ignazio Marabitti. Alla fine del XVII secolo, in sostituzione dell’abside bizantina di destra, è stata costruita la cappella del Crocifisso, dove, sull’altare, è conservata una croce bizantina, mentre il ricco arredo composto da una tavola di San Zosimo realizzata da Antonello da Messina ed altri dipinti trecenteschi sono oggi esposti nel Tesoro della Cattedrale. Nella cappella del Sacramento il ciborio è opera di Luigi Vanvitelli. Nella cappella di Santa Lucia è gelosamente custodito il simulacro della santa in argento, oro e pietre preziose, capolavoro del Cinquecento realizzato a Palermo da Pietro Rizzo. Al centro del presbiterio è posto un fastoso altare barocco del Seicento con candelabri e cantorie del Cinquecento.

 

L’Orecchio di Dionisio

Nessuno può lasciare al città senza prima aver visto la vicina latomia del Paradiso, nella quale si trovano sia l’Orecchio di Dionisio, sia la grotta dei Cordari. Queste grotte non sono naturali, e la loro denominazione latomie deriva dal greco latomía, che sta proprio ad indicare “taglio di pietre”. I sassi estratti con scalpello e piccone venivano usati per le costruzioni della città. Il primo a dare il nome alla particolare conformazione rocciosa nota come Orecchio di Dionisio fu Caravaggio, ma resta curiosa la leggenda di Dionisio che faceva rinchiudere i prigionieri in quella zona della latomia in modo da poter ascoltare i loro discorsi attraverso una specie di microfono ante litteram. La grotta infatti è si sviluppa con un andamento ad esse che la rende anche un luogo di amplificazione acustica dei suoni. E’ un posto spettacolare. Sulla destra dell’Orecchio di Dionisio si trova la grotta dei Cordari, che invece prende il nome dall’attività di fabbricazione di cime navali che vi veniva svolta sfruttando l’opportunità di temperature ed umidità costanti e particolarmente favorevoli per quel tipo di produzione, così i cordari vi hanno esercitato per secoli il loro mestiere. Resterete a bocca aperta!

 

 

Autore: Angelo D’Ambra

 

 

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