Il medioevo per gli storici contemporanei

Il Medioevo è un’epoca storica che ha subito, e continua a subire nell’immaginario collettivo, una notevole deformazione rispetto a ciò che realmente fu. A seguito del mio articolo sulle crociate, ho voluto esaminare più in generale l’età di mezzo, per cercare di fornirne un quadro più veritiero.

 

Il Medioevo è da tutti considerata l’“epoca buia” per eccellenza; quanto c’è di vero in questo? 

Molto poco. All’inizio del Medioevo si ebbe una certa instabilità politica: i nuovi “padroni” del continente europeo (Goti, Gepidi, Longobardi, etc) si trovarono spesso in lotta tra loro, o contro ciò che restava dell’Impero Romano (la parte orientale). A ciò si aggiunge una certa scarsezza delle fonti scritte, dovuta forse al fatto che, soprattutto all’inizio delle invasioni, le popolazioni germaniche non avevano ancora una cultura scritta, ma si basavano prettamente sulla tradizione orale. Tale situazione però non rimase affatto immutata nel corso di tutto il Medioevo, anzi si evolvette rapidamente e in modo notevole.

Se intendiamo invece per “epoca buia” un periodo di degrado morale e sociale per l’umanità, sicuramente non si può che essere discordi.

Non si tratta di revisionismo storico?  

Assolutamente no: negli ultimi decenni gli storici hanno compiuto un poderoso lavoro nel demitizzare il Medioevo rispetto all’immagine negativa che gli è stata affibbiata a più riprese nel corso della storia, a partire dall’Umanesimo, a proseguire con la propaganda protestante e con l’Età dei Lumi. Dunque oggi è revisionista chi sostiene che nel Medioevo fossero tutti terrapiattisti, o che l’inquisizione abbia fatto milioni di vittime, non chi afferma il contrario.

Anche le crociate fanno parte, nel nostro immaginario, della barbarie medievale. Una tale visione è del tutto corretta?  

Mentre l’Impero Romano fu contrassegnato da un forte espansionismo, non si può parlare per analogia di un espansionismo dell’Occidente medievale: vi furono certamente numerose lotte di potere tra i sovrani europei, ma di espansionismo ai danni di altri popoli nemmeno l’ombra. Per secoli, fino al sopravanzare della minaccia dei Turchi Selgiucidi alla fine del secolo XI, a nessuno venne mai in mente di bandire una “guerra santa”.

Dunque le crociate non furono un’occasione di conquista economica?

No: chi partiva per le crociate era ben consapevole dei costi da sostenere e dei rischi che si correvano. Tutti, dai semplici miliziani ai cavalieri più famosi, sapevano che stavano andando dall’altra parte del mondo per rischiare la vita contro popolazioni tutt’altro che pacifiche, per ritrovarsi tra le mani nulla più che un pugno di sabbia. La teoria dei “figli cadetti”, che per anni è stata quella che ha avuto più seguito, si è rivelata falsa: i cavalieri cristiani, fossero anche stati in larga parte secondogeniti, non erano certamente dei poveracci, e potevano tranquillamente starsene in Europa, trattati con tutti gli onori. A maggior ragione se consideriamo che, a partire dalla seconda crociata, anche dei sovrani parteciparono alle spedizioni.

Ma i regni crociati non furono delle specie di colonie? 

Per tutta la loro durata (un paio di secoli) i reami crociati ebbero un’esistenza precaria: erano costantemente minacciati dai turchi, dagli arabi e dalle altre popolazioni di fede islamica, e necessitavano di costanti aiuti militari e finanziari da parte dei reami europei. Colonia è per definizione un territorio che rende all’investitore più di quanto ha investito: dunque è assolutamente inadeguato assimilare i reami crociati a delle colonie.

E l’Inquisizione? Fu veramente così terribile?  

Fin dall’antichità, nel corso di tutto il Medioevo e per gran parte dell’Età Moderna i giudici fecero uso della tortura per ottenere delle confessioni, spesso indispensabili per giungere ad una condanna. Se c’era un tribunale che torturava molto poco, questo fu proprio l’Inquisizione. Anche il numero di condanne a morte da parte degli Inquisitori è stato considerevolmente ridimensionato grazie all’esame della vasta documentazione a riguardo.

L’Inquisizione agiva come un tribunale del suo tempo, e proprio per questo non può che apparire crudele all’occhio dei “moderni”, ma fu notevolmente meno spietata di tanti altri tribunali. In definitiva si può affermare che la vera Inquisizione non corrisponde all’immagine della “macchina di morte” che si è ancora radicata nel pensiero odierno. 

Niente pinze strappa-pollici o sarcofagi pieni di punte dunque? 

No, anche perché trattasi di falsi spacciati per autentici reperti medievali nel corso dell’Sette-Ottocento: i collezionisti di questo periodo pagavano bene per possedere dei reperti medievali, ma ciò stimolava l‘opera dei falsari; costoro hanno creato tutte le varie Vergini di Norimberga, sedie inquisitorie e cinture di castità che vediamo esposti nei musei della tortura. Alcuni storici di fama hanno espresso la propria indignazione, definendo tali musei come “estremamente diseducativi” in quanto forniscono un’immagine distorta dei tribunali di allora o del Medioevo in genere. I metodi di tortura realmente impiegati erano comunque dolorosi, ma non causavano né la morte né la menomazione dell’inquisito. 

E la caccia alle streghe di cui si sente spesso parlare? 

La strega non è un’invenzione medievale, bensì una figura le cui origini possono essere ricercate nel folklore più antico: temutissima presso i greci e i romani, era rappresentata come un essere crudele, che uccideva i bambini per succhiarne il sangue. Anche nel Medioevo perdurò la credenza nelle streghe, e vi fu qualche processo sporadico per stregoneria soprattutto verso la fine di quel periodo; tuttavia l’“epoca d’oro” della caccia alle streghe non fu il Medioevo, bensì l’epoca della controriforma. 

Si usa parlare del Medioevo come di un periodo privo di leggi: è proprio così? 

Al contrario, si può dire ironicamente che di leggi ve ne fossero troppe: c’era il diritto romano, alla base dell’ordinamento giuridico dei nuovi regni, e c’erano ovviamente le consuetudini germaniche. Vennero poi introdotte con il passare del tempo nuove consuetudini e regimi locali, pensiamo ad esempio agli usi commerciali che si svilupparono con il rifiorire dell’economia e dei traffici, anche esteri, in particolare nell’XI e XII secolo. Il Medioevo non fu certamente un’epoca egualitaria, come del resto neanche il mondo romano lo fu: però ogni singolo individuo, dal nobile al più misero dei contadini aveva i propri diritti, riconosciuti dall’ordinamento giuridico, e non di rado anche le classi più umili erano consapevoli di tali diritti.

 All’età medievale viene imputata una certa arretratezza culturale ed economica: come giustifichiamo ciò?

Il tramonto di ogni potere centrale nella parte occidentale dell’Impero, segna anche la fine di molte infrastrutture ed istituzioni proprie del mondo romano: si può dire che i nuovi governanti non fossero altrettanto abili dal punto di vista della gestione urbanistica e dell’esazione fiscale; tutto ciò portò all’inevitabile perdita di quelle maestranze in grado di provvedere alla costruzione o alla manutenzione di quelle infrastrutture. Tuttavia si può notare il seguente paradosso: ciò che costituì un freno al progresso del mondo romano, servì da “trampolino di lancio” per lo sviluppo nel Medioevo: pensiamo ai nuovi attrezzi agricoli, o all’uso dei mulini a vento ad acqua, tecnologie del tutto innovative per le epoche precedenti; si può dire che i “medievali” furono costretti ad evolversi per poter sopravvivere alle nuove condizioni sociali ed economiche.

Quindi non è vero che i “medievali” furono gente arretrata? 

Assolutamente no: i progressi si ebbero in ogni campo, dall’agricoltura, alla navigazione, all’architettura, alla metallurgia. Molti oggetti di uso comune che esistono ancora oggi (i bottoni, la bussola, gli occhiali, etc.)  provengono dal Medioevo e non dall’epoca romana.

E la Chiesa? 

La Chiesa nel Medioevo costituì una realtà molto complessa e articolata. Dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, la Chiesa di Roma era praticamente l’unica istituzione ancora in piedi, per questo si ritrovò a ricoprire un ruolo di primo piano non solo nella direzione del culto, ma anche nell’amministrazione del territorio e nella preservazione della cultura: basti considerare che nei monasteri si salvò, grazie all’intensa attività dei monaci amanuensi, gran parte del sapere e delle opere del mondo antico.

Nel Medioevo non disprezzavano le opere degli antichi? 

No, anzi: gli intellettuali del Medioevo si definivano “nani sulle spalle dei giganti”, dove i giganti erano gli uomini vissuti nell’Età Antica. Anche le opere poetiche e letterarie del mondo antico erano apprezzate dai “medievali”: i poemi di Omero e di Virgilio, le poesie di Catullo, le epistole di Cicerone, etc.; non sarebbe risultato strano vedere Dante o Petrarca dissertare su questi autori.

La conoscenza non era in qualche modo proibita? 

Era preclusa ai più, ma non proibita: chiunque sapesse leggere e scrivere poteva avere accesso alla biblioteca di un monastero. Chi aveva anche sufficienti risorse economiche poteva addirittura commissionare la copiatura di un libro. Dopo l’anno Mille il numero di persone in grado di leggere e scrivere aumentò notevolmente anche tra i laici. Già prima dell’anno Mille, inoltre, si svilupparono per impulso ecclesiastico quelle scuole che sarebbero divenute, nel Basso Medioevo, le prime Università.

Le Università non esistevano in età romana? 

No. Il merito del mondo romano, rispetto al mondo medievale, risiedette nel fornire un’istruzione elementare per tutti: in tenera età si imparava a leggere e a scrivere, e al più a fare di conto, ciò però non basta per millantare una “superiorità culturale” degli antichi romani. Nell’Età Antica si ebbero delle scuole, soprattutto scuole filosofiche, di carattere per lo più elitario; per questo il modello universitario, orientato alla condivisione della cultura fu un aspetto totalmente nuovo nella storia.

 E la storia della “Terra piatta”?  

Si tratta dell’ennesima bufala per schernire l’asserita ignoranza dei “medievali”. Ciò che noi chiamiamo “terrapiattismo” ha origine nell’Inghilterra dell’Ottocento; per contro, non c’è un solo trattato medievale che affermi che la Terra è piatta: gli intellettuali medievali, per lo più ecclesiastici, ripercorrevano gli stessi ragionamenti matematici ed empirici effettuati da Aristotele ed Eratostene secoli prima; per questo il modello antico che rappresentava la Terra, tonda, al centro del cosmo, rimase pressoché immutato nel corso del Medioevo.

Dunque il sistema eliocentrico non veniva accettato in epoca medievale? 

Ogni scoperta scientifica va inquadrata nella propria epoca senza nulla rimproverare alle epoche precedenti, e certamente non si poteva pretendere che il Medioevo accettasse qualcosa che non era ancora stato dimostrato: il Medioevo conobbe il modello del cosmo che gli era stato lasciato in eredità dagli antichi, ossia il modello Tolemaico-geocentrico. L’ipotesi cosmologica che vede il Sole al centro del nostro sistema venne avanzata da Copernico all’inizio dell’Età Moderna, e verrà supportata da Galileo, ma la relativa dimostrazione troverà luogo solo nel tardo Settecento da parte dell’astronomo James Bradley.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Luca Varinelli

Bibliografia: Il Medioevo sul naso: Occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali, di Chiara Frugoni, 2010; Il Medioevo raccontato da Jacques Le Goff, di Jacques Le Goff, 2009; Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate, di Rodney Stark, 2010; Benedette guerre. Crociate e jihad, di Alessandro Barbero, 2009; Le ragioni del torto: il barbaro e il moderno, conferenza, relatore prof. Alessandro Barbero; Altro che secoli bui: vi racconto il medioevo, intervista a Chiara Frugoni a “La7 attualità”.

 

 

 

Luca Varinelli, laureato in Giurisprudenza, nutre una viva passione per ciò che è letteratura, cinema, storia, leggende, folklore e misteri. Gestisce la pagina facebook Varo del Capovaro

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