L’intarsio del legno nel Regno di Napoli

Probabilmente l’arte meno studiata nella storia del Regno di Napoli fu quella dell’intarsio del legno.

Uno dei centri locali d’irradiazione dell’intaglio fu Bagnoli Irpino. La scuola bagnolese ha fatto da guida per moltissimi secoli.
Tutto ebbe origine nel Quattrocento per volere di Troiano Cavaniglia, conte di Montella ed accademico pontiniano, che istituì una scuola di scultura del legno. Nel corso dei secoli da Bagnoli Irpino emersero artisti del calibro di Scipione Infante (Bagnoli Irpino, 1607 – Bagnoli Irpino, 1657), Andrea d’Asti (Bagnoli Irpino ca. 1673- Napoli 1721) e Jacopo Cestaro (Bagnoli Irpino, 1718 – 1785), veri capiscuola dell’intaglio che dall’Irpinia si spostarono su tutto il territorio del Regno di Napoli moltiplicando le botteghe artigianali.

Ttutavia scarne, nei volumi storici confuse ed incerte notizie su artisti e commissioni si susseguono  prive di valutazioni organiche e di fonti documentarie.

Così in rassegna possiamo dire che l’imponente coro della Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi è attribuito, sia nel disegno che nell’intarsio, a fra’ Giovanni da Verona, mentre a Giovanni Francesco da Arezzo si deve il coro della Certosa di San Martino, realizzato col suo discepolo Mastro Prospero; nella Certosa si ammira anche la sagrestia opera dei toscani Lorenzo Ducha e Teodoro de Vogl con la collaborazione dei napoletani Giovan Battista Vigilante e Nunzio Ferraro; al coro della Chiesa dei Ss. Severino e Sossio lavorarono i bresciani Benvenuto Tortelli e Bartolomeo Chiarini, seguiti dai discepoli napoletani Leonardo Turbolo e Nicola Porcarelli; quello della Chiesa di Santa Caterina a Formiello fu realizzato da Martino Meglione, autore pure della sacrestia; da ricordare poi le porte lignee della Basilica di San Pietro ad Aram eseguite da Francesco di Bernardo come pure i battenti della sacrestia di San Domenico Maggiore, i soffitti di San Gregorio Armeno e quelli di Santa Maria la Nova.

Muoversi però in un panorama storiografico quasi desertico è difficile. In assenza di analisi, l’elenco di nomi dice poco e districarvisi alla ricerca di connessioni e valutazioni è arduo. Appare chiaro che il grosso della committenza si rivolgeva ad artisti provenienti da centri toscani, veneti e lombardi e che la schiera di allievi locali dei maestri dell’alta Italia era esigua.

Il cuore pulsante di quest’arte pare connesso alla Bottega di Benvenuto Tortelli. Tortelli, cui viene attribuito anche il portone ligneo della Reale Pontificia Basilica di San Giacomo degli Spagnoli, si dedicò pure alla progettazione di varie fortificazioni ed opere di ingegneria civile, ma la sua attività principe fu sempre quella di intagliatore. Sorta in seguito al suo soggiorno napoletano, la bottega fu il centro di un’attività ampia e poliedrica. Intervenne in una realtà dominata dalla scultura del marmo in cui la Bottega di Giovanni da Nola si cimentava con scarso successo anche nella scultura del legno. Al seguito dei Tortelli maturarono i sopraccitati Nunzio Ferraro, Leonardo Turbolo e Nicola Porcarelli e Giovanni Battista Vigilante. Questi artisti lavorarono al soffitto dell’Abbazia di Montecassino, al coro dell’Abbazia di Montevergine ed al Duomo di Avellino.

 

 

 

Autore articolo e foto: Angelo D’Ambra

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