Napoleone Orsini ed Everso d’Anguillara

Alfons de Borja y Cabanilles divenne papa nel 1455, col nome di Callisto III. Aveva 79 anni ed un passato di vescovo di Valencia e presidente del Consiglio Regio del Regno di Napoli sotto Alfonso d’Aragona. Fu incoronato papa il 20 aprile di quell’anno con una cerimonia che fu turbata dall’arrivo a Roma di un esercito di oltre tremila armati, quello di Napoleone Orsini.

L’Orsini, figlio di Carlo di Bracciano, era accecato da una profonda inimicizia con un lontano cugino, Everso d’Anguillara, anche lui Orsini per parte di madre, che gli contendeva il possesso della contea di Tagliacozzo appartenuta al defunto zio Giovanni Antonio Orsini. Così, mentre la cerimonia pontificia si celebrava con larga pompa, in tutta Roma risuonarono tamburi di guerra e grida quando apparve, al Laterano, un esercito pronto ad assaltare le case dell’Anguillara in Campo dei Fiori.

Delegati papali e camerari s’allertarono e dovette intervenire il Cardinale Latino Orsini, fratello di Napoleone, per calmare le acque. Quel giorno Callisto, debole e quasi cieco, poté tranquillamente esser proclamato papa ma non riuscì mai a quietare Roma dalle lotte tra i due antagonisti, anzi peggiorò le cose riconoscendo Anguillara titolare di Tagliacozzo per ingraziarsi un personaggio violento e sregolato.

Everso s’era visto già donare Vico da papa Eugenio IV affinché aderisse al partito dei suoi sostenitori, ma ciò non era avvenuto, anzi aveva continuato con la sua pessima condotta, saccheggiando le terre tra Roma e Viterbo. Sotto Niccolò V era giunto più di una volta allo scontro aperto coi capitani pontifici, tra cui lo stesso Napoleone Orsini, a Norcia.

Pio II provò a pacificarsi col terribile conte, inviandogli un suo messo, il cardinale Pietro Barbo che riuscì ad ottenere una tregua di venti mesi, ma nel 1464, Anguillara, rompendo gli accordi, tornò alle vecchie abitudini ed il nuovo pontefice Paolo II si vide occupare Assisi, Nocera Umbra e Viterbo. Ormai anziano, però, Everso d’Anguillara morì nella rocca di Cerveteri il 4 settembre di quell’anno.

Il pontefice allora ne approfittò, si fece promettere da Francesco e Deifobo, figli di Everso, che le città sottratte dal padre sarebbero state da loro presto riconsegnate, ma questo non accadde mai, così spedì un’armata a recuperare Tagliacozzo e togliere agli Anguillara i tredici castelli di famiglia: Giove, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Capranica, Vetralla, Bleda, Viano, Monterano, Cerreto, Carcaro, Severo e Monticelli. Sul finire del giugno del 1465 l’esercito pontificio comandato da Federico da Montefeltro, Niccolò Forteguerri, Cardinale di Santa Cecilia, e dal grande rivale degli Anguillara, Napoleone Orsini, prese possesso di quelle rocche trovandovi ricchezze frutto delle ruberie del conte Everso. Nonostante si trattasse di fortezze ben difese e munite d’artiglierie, caddero subito nelle mani pontificie, consegnate dagli stessi terrazzani stanchi della tirannia degli Anguillara e dentro si scoprirono pure strumenti per battere falsa moneta.

Il papa lasciò poi che i feudi venissero attribuiti in gran parte a Napoleone Orsini, finalmente divenuto conte di Tagliacozzo e pure nominato Capitano Generale Pontificio, mentre il Casato degli Anguillara di lì a poco si estinse: Deifobo fuggì a Venezia, ripresentandosi a Roma solo alla morte di Sisto IV, prendendo con le armi Ronciglione, Vetralla e Giove ma venendo presto schiacciato da Innocenzo VIII; Francesco fu fatto prigioniero e portato a Castel Sant’Angelo, dove restò per cinque anni, morendo libero, ma prostrato dalla detenzione, nel 1473.

Se Everso d’Anguillara fu sempre in contrasto coi pontefici, Napoleone Orsini fu fedelissimo di Pio II, in nome del quale, sconfisse anche Sigismondo Malatesta a Mondolfo. Fallì invece contro Roberto Malatesta, figlio di Sigismondo, da cui fu sconfitto il 30 agosto del 1469 tra Virgiliano e Sant’Arcangelo.

Napoleone Orsini morì nel 1480. Fu suo figlio Gentile Virginio a completare la vendetta acquistando da Franceschetto Cybo la contea di Anguillara nel 1493.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel medio evo; G. Marocco, Monumenti dello Stato pontificio; G. Brunengo, I destini di Roma

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