Pesaro dalla fondazione alla Pentapoli

Pesaro nacque al cospetto d’un monte, nell’area d’una foce paludosa, fatta di acque stagnanti ed un basso letto di fiume, l’Isauro che sfocia nell’Adriatico.

Pesaro derivò forse il suo nome da “pisos” ovvero palude ed “oros” cioè monte. Per Pisaurus Servio ci tramanda un’altra origine. Egli scrive che Pesaro fu così chiamata perchè qui i galli si fermarono a pesare l’oro ottenuto come riscatto dai romani per evitare la distruzione della città.

Dubbia è dunque l’origine del nome ma anche i giorni più lontani di Pesaro sono avvolti nel mistero. E’ probabile che alla sua origine ci fosse un primigeno insediamento degli umbri. Secondo Plinio e Dionigi gran parte del territorio, infatti, sarebbe stato da loro abitato dopo averne scacciato i siculi. Intorno al VI secolo vi subentrarono gli etruschi che spinsero i loro domini sino al Metauro e all’Esino, più tardi furono i senoni, una tribù di galli, a prendere la regione che chiamarono “Gallia Togata”. Scavi archeologici effettuati nel centro cittadino hanno, invece, fatto emergere le testimonianze di un villaggio piceno. Ad ogni modo, solo nel 184 a.C. Pesaro divenne romana.

La città in questa zona paludosa copriva circa 19 ettari, aveva pianta quadrata con tre lati rettilinei ed un quarto con una rientranza centrale dovuta all’erosione del fium in cui sorse immediatamente un piccolo porto, più a sud, guardato a vista da un tempio dedicato a Nettuno.

Le notizie di questi secoli sono scarne e talvolta confuse. Con certezza possiamo affermare che la costruzione della Via Flaminia, per volontà del console Gaio Flaminio Nepote, diede a Pesaro un enorme impulso commerciale che ne fece la 21° colonia romana, ascritta ad una delle più antiche famiglie, la Gens Camilia. La città si vide rapidamente popolata da un ampio ceto di mercanti e sotto il console M. Fulvio Flacco cominciò la costruzione dell’acquedotto, di fognature, d’una piazza. Vi fiorirono anche le arti, ricordiamo che nacquero e vissero a Pesaro il celebre drammaturgo Lucio Accio ed il poeta Lucio Afranio.

Chiaramente seguì le sorti politiche e militari di Roma. Nel 63 a.C. si schierò con le armate di Catilina contro il senato; nel 49 a.C. Cesare passò il Rubicone e Pesaro fu tra le prime città occupate; stando a quanto si apprende da Plutarco, prima della battaglia tra Ottaviano e Marco Antonio, Pesaro – già colonizzata da una colonia di veterani antoniani – fu inghiottita da voragini che squarciarono la terra. La si dovette ricostruire dopo la vittoria di Ottaviano ad Azio inviando veterani fedeli all’Imperatore che potessero in qualche modo equilibrare il peso politico di quelli della colonia antoniana. In tale circostanza le fu conferito il titolo di “Iulia Felix Pisaurum”. La storia di Pesaro romana è pure segnata da diversi prodigi, oltre il terremoto che profetizzò la sconfitta di Marco Antonio: nel 163 a.C., una enorme luce risplendette come il sole di notte ed un secondo prodigio, risalente al 97 a.C., sempre riferito da Giulio Ossequente, ci parla di un boato proveniente dalla terra e di merli della cinta muraria caduti senza scossa tellurica. Si vollero leggere in questi strani fatti l’annuncio di future “civiles discordiae” su cui gli storici hanno indagato individuando un periodo di omicidi e rivalità politiche culminati nell’assassinio di Marco Livio Druso (L. Braccesi, Terra di Confine).

Alla caduta dell’impero, Pesaro fu distrutta da Vitige, re dei goti, in ritirava verso Ravenna, e ricostruita poi da Belisario. Procopio di Cesarea così ne scrive: “Ausimo e Rimini hanno tra loro sopra la marina del seno Jonico due altre città, Pesaro e Fano, i cui edifizi nel principio di questa guerra Vitige aveva messo in fiamme, e diroccato forse una metà delle mura, per tema non i Romani addivenutine possessori recassero da quivi travaglio a’ suoi. Belisario non di meno volle occupare l’una di essere, cioè Pesaro, sembrandogliene la posizione idonea al foraggiare. Il perchè nel cupo della notte mandò persone legate in istretta amicizia seco a prendere le misure per lo largo e lungo di ciascheduna porta, ed avutele commise che se ne costruissero colla maggiore segretezza di nuove, ben fortificandole di ferro, e terminate posele sopra barche ordinando a Sabiniano e Torimunto di accompagnare il convoglio colà, ove giunti si sarebbero messi presto all’opera; così pure tenendosi bene in guardia, avrebbero operato a racconciare del meglio loro con sassi, terra o altro materiale tutti i luoghi rovinati; ed il voler di lui fu in ogni sua parte compiuto. Il re dei Goti, informatone, pronto v’accorse con molte truppe, cerca d’impossessarsene, e consumatovi assai tempo, vedendo l’impossibilità d’espugnarla retrocede privo di riuscita al campo innanzi ad Aussimo, dove nessun de’ Romani più non osava cimentarsi co’ nemici…”. Quattro anni dopo Totila la mise a ferro e fuoco ma i bizantini al riconquistarono facendone, con Rimini, Fano, Senigallia ed Ancona, la Pentapoli destinata a divenire l’ultima provincia di istituzione romana.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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