Sistemi monetari preunitari: i 443 milioni di Napoli

Navigando su siti revisionisti ricorre un’asserzione interessate, dei circa 669 milioni di monete degli antichi stati italiani, ben 443 milioni appartenevano al Regno delle Due Sicilie. Come dire che nello stato dei Borbone c’erano il doppio dei soldi che nel resto d’Italia. A dichiararlo è Francesco Saverio Nitti in Nord e Sud, (1900, pag. 136), ma corrisponde a verità?

Attenzione, Nitti parla di monete ritirate dalla circolazione. Non ci specifica il perché del loro ritiro, ma è evidente che la ragione sta nel fatto che tale moneta era basata su un piede monetario diverso da quello piemontese. Ciò è confermato dall’art. 12 della Legge sull’unificazione del sistema monetario del 24 agosto 1862 n. 788, che recita: “Il Governo provvederà con Decreto Reale al ritiro e cambio di tutte le monete d’oro, d’argento, di bilione e di rame di conio italiano a sistema diverso da quello stabilito nella presente legge, e farà cessare il corso legale di tutte le monete estere egualmente a sistema diverso dal nazionale che trovansi attualmente in circolazione nelle varie Provincie del Regno. Il ritiro delle monete si farà al loro valore legale, salvo le eccezioni per le monete calanti, sfigurate o logore che sono contemplate dalle stesse leggi che sono attualmente in vigore”.

La stessa legge, all’art. 1, conferma l’adozione da parte del nuovo regno di un sistema monetario basato sul Franco Germinale, sistema monetario che era già adottato nel Regno di Sardegna.

Questo implica che, almeno negli stati sabaudi, esisteva altra moneta metallica circolante oltre a quella ritirata, e possiamo sapere a quanto essa ammontasse grazie al Della Coniazione Monetaria (1872, pag. 173) di Giuseppe Sacchetti. Questo economista indica in 1077 milioni il totale circolante al 24 agosto 1862, di cui 464 provenienti dall’Regno delle Due Sicilie e 613 dagli stati del Centro-nord.

Alla ricerca della verità, neppure va dimenticato che la moneta metallica non era l’unica specie esistente nel 1862. Carlo M. Cipolla, nel suo Le avventure della Lira (1975, pag. 136), riporta che il controvalore del circolante cartaceo era pari a 210 milioni (e scritturale di 150 milioni). Ora, dato che nei territori dello stato borbonico la circolazione di moneta scritturale e cartacea ebbe inizio solo dopo l’Unità, è chiaro che i 360 milioni indicati dal Cipolla possono essere attribuiti all’insieme delle Due Sicilie, del Lombardo-Veneto e della Toscana. In questo modo il circolante nel Centro-nord, escluse Marche ed Umbria, passa da 500 a 900 milioni di Lire, superando decisamente il Regno delle Due Sicilie non solo in termini assoluti ma anche di pro-capite.

Infine aggiungo che, se si può ignorare il dato dell’assenza della moneta cartacea, l’assenza di moneta scritturale, indispensabile ad una economia che vuole definirsi moderna, non depone a favore del presunto sviluppo economico del Sud. Ma concentriamoci sul confronto tra i circolanti nel Regno di Sardegna e nel Regno delle Due Sicilie al 24/08/1862.

Secondo il Sacchetti a quella data nel Regno di Sardegna circolavano:

123 milioni di Lire oro – 26,94 Lire pro-capite

41 milioni di Lire argento – 9 Lire pro-capite

17,7 milioni di Lire eroso-miste e Rame – 3,88 Lire pro-capite

 

Mentre nel Regno delle Due Sicilie abbiamo:

9,3 milioni di Lire oro – 1 Lira pro-capite

433,9 milioni di Lire argento – 46,76 Lire pro-capite

20,9 milioni di Lire rame – 2,25 Lire pro-capite

 

Dal confronto risultano evidenti due cose. Anzitutto che il circolante in rame nel Regno delle Due Sicilie è, più o meno, comparabile con quello del Regno di Sardegna. Tuttavia nel Regno delle Due Sicilie è assente la moneta d’oro e al suo posto c’è una quantità incredibile di argento, quasi cinque volte il circolante nel Regno di Sardegna.

Rame ed Argento erano specie monetarie adatte per transazioni piccole o piccolissime, per quelle medie e medio-grandi era indispensabile l’oro. Come risolvevano il problema i sudditi del regno meridionale? L’analisi del circolante nello stato dei Borbone fa emergere una sostanziale debolezza dell’economia, evidentemente priva di movimenti economici di un certo peso.

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

4 pensieri riguardo “Sistemi monetari preunitari: i 443 milioni di Napoli

  • 19 Febbraio 2021 in 7:40
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    nel regno delle due sicilie girava il ducato non la lira, è stato considerato dall’autore?

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  • 1 Marzo 2021 in 10:28
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    Ciao Claudio.
    Si, è stato considerato.
    Si trattava però di una differenza più formale che concreta.
    Nel XIX secolo la moneta metallica si divideva in ” a contenuto pieno ” e ” divisionale “.
    Nel primo gruppo rientravano tutte quelle specie metalliche coniate in oro ed argento, nel secondo gli spiccioli battuti in rame, bronzo od eroso.
    Tra l’altro le monete del secondo gruppo erano caratterizzate da un potere liberatorio limitato verso i privati.
    Il cambio tra 2 valute veniva calcolato sulla base del fino.
    Ti faccio un esempio.
    La Piastra Duosiciliana, in argento, pesava, circa, 27,53g al titolo di 833/1000, la Lira Piemontese invece ne pesava 5 al titolo di 900/1000.
    Il fino della Piastra corrispondeva a quello di 5,1 Lire Piemontesi.
    Ricordando che la Piastra era tariffata a 1,2 Ducati otteniamo un tasso di cambio tra Ducato e Lira pari a 1:4,25 , tasso che è stato usato dopo il 1862 per convertire la contabilità Duosiciliana in Lire.
    Spero di essere stato utile.

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  • 4 Gennaio 2022 in 14:12
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    La quantità enorme di argento rispetto all’oro nel Regno delle Due Sicilie era dovuta ad un sistema monetario diverso da quello esistente nel Regno di Sardegna, in questo il sistema in corso, mutuato dalla Francia e diffuso su tutto il territorio italiano dopo l’unificazione, era bimetallico, vale a dire che oro e argento avevano un rapporto fisso ed erano entrambi legal tender, valuta a corso legale valida per l’estinzione di qualsiasi obbligazione, nelle Due Sicilie invece vigeva il monometallismo argenteo, solo la moneta d’argento era valuta a corso legale e valida in ogni pagamento, la moneta d’oro, pur coniata, era sussidiaria, non rapportata con un cambio fisso a quella d’oro e avente valore mutevole secondo le fluttuazioni del metallo giallo, una caratteristica particolare e unica delle monete auree napoletane è di essere costituite da oro quasi puro, a differenza di quelle sabaude, queste monete erano in gran parte conservate nel Banco delle Due Sicilie o nei tesori dei ceti più abbienti, al loro posto circolavano più spesso le fedi di credito emesse dal Banco e molto diffuse e apprezzate come mezzo di pagamento in tutto il Regno… È importante sapere che il sistema monometallico argenteo era ancora molto diffuso in Europa fino a tutti gli anni sessanta dell’Ottocento, Olanda, stati tedeschi, Impero austriaco e Russia avevano tutti la moneta d’argento come standard, solo Inghilterra e Portogallo usavano uno standard aureo.

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  • 27 Febbraio 2022 in 13:15
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    Interessante notare come, in questo articolo, non venga tenuto in considerazione la tabella contenuta a pag. 172 del testo “della Coniazione Monetaria” di Giuseppe Sacchetti. Interessante anche notare come non si tenga in considerazione che, in tale testo, sempre a pagina 172 venga riportato a chiare lettere che “i dati delle monete decimali Sarde sono desunte da notizie private ma positive – I dati delle monete decimali del R. Italico e Lombardo furono desunti dal prospetto portato dal Conte Mulazzani nella Rivista Europea di Gennaio 1844 tratti dei reg. uff. della Zecca di Milano”. Nella succitata rivista, in merito alla documento in questione il conte scrive: “Il documento che qui presento, mi fu cortesemente somministrato dal signor Mongeri, già capo della Contabilità delle zecche del cessato Regno d’Italia, che compose sotto i miei occhi le unite tavole della monetazione spagnuola”. Insomma, se Nitti rappresenta il nulla, non mi sembra che Sacchetti vada oltre. Ci sono molte omissioni in questo articolo. Il compito dello storico dovrebbe essere quello di cercare la verità. Qualora si appartenga ad un tifo nei confronti di questa o quella fazione sarebbe conveniente posare la penna nel cassetto.

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