Strade e ferrovie coloniali in Eritrea

Il 15 novembre del 1869 il padre lazzarista Giuseppe Sapeto, acquistò dai sultaini Hassan ben Ahmed e Ibrahim ben Ahmed i diritti sulla baia di Assab, per conto della Società di navigazione Rubattino. Quella lingua di terra che si affaccia sul Mar Rosso divenne il primo nucleo di una colonia italiana, l’Eritrea.

La compagnia acquistò altre isole della baia e ulteriori fasce di litorale nel 1879 e nel 1880, completando i confini di un avamposto italiano in Africa che doveva divenire uno snodo di importanza strategica per i collegamenti con l’Oceano indiano. Ancor prima del 1869, del resto, sia inglesi che francesi si erano premuniti d’occupare posizioni chiave in questo mare. L’Italia arrivò in Eritrea silenziosamente, con prudenza, servendosi della Rubattino, ma quando le cose furono palesi non mancarono i problemi: il governo egiziano contestò le acquisizioni e rivendicò il possesso della baia in una lunga controversia che si concluse solo nel 1882 con l’acquisto definitivo ed ufficiale del possedimento da parte italiana. Nel 1883, dopo che l’esploratore Pietro Antonelli aveva aperto la via di collegamento tra Assab e Scioà attraverso l’Aussa, il governo italiano s’affrettò ad inviare un nucleo di carabinieri, comandati dal maresciallo Enrico Cavedagni, per istituire una stazione a tutela dei traffici commerciali, e l’anno dopo nacque l’Ufficio di porto di Assab, ma il punto chiave per la nascita della colonia fu la presa di Massaua, sottratta all’Egitto nel 1885. In tre anni, le truppe italiane presero il controllo di tutta la costa compresa fra Massaua e Assab.

 

Questo percorso subì un pesante contraccolpo, il 26 gennaio del 1887, con la Battaglia di Dogali in cui Ras Alula schiacciò la colonna del tenente colonnello Tommaso De Cristoforis uscita da Monkullo per soccorrere il maggiore Boretti assediato a Saati. La sconfitta della colonna italiana provocò una serie di proteste di piazza contro la politica coloniale del governo. Il nuovo gabinetto presieduto da Francesco Crispi decise di continuare le operazioni inviando in Eritrea un corpo di spedizione forte di 20.000 uomini al comando del generale Alessandro Asinari di San Marzano che rioccupò Saati prima di lasciare il posto al generale Antonio Baldiserra. Fu pure segnato un altro punto centrale nella creazione della colonia: l’occupazione di Asmara, il 3 agosto 1889. Nel tentativo di evitare una lunga e lacerante guerra, si raggiunse un accordo con il negus Menelik II, il Trattato di Uccialli, e l’intera Etiopia finì sotto protettorato italiano. Si arrivò così al 1º gennaio 1890 quando l’Eritrea fu ufficialmente dichiarata colonia italiana, con capitale Massaua, col decreto 6592 che al primo articolo recitava: “I possedimenti italiani del Mar Rosso sono costituiti in una sola colonia col nome di Eritrea”.

Nonostante una lenta e complessa pacificazione, si svilupparono opere edili in tutto il paese. Si rese dapprima più sicuro l’ancoraggio delle navi nel porto di Massaua poi si lavorò al potenziamento della città che finì col vivere una totale rigenerazione esattamente come Asmara. Fognature, illuminazione elettrica e acqua potabile, fabbricati governativi, scuole, ospedali. Anche ad Agordat, Ghinda, Cheren, Agordat, Saganeiti, Adi Caje ed Adi Ugri sorsero ottime strade carrozzabili, mulini, pastifici, oleifici, concerie di pellami.

Probabilmente lo sforzo più grande, sicuramente il più continuo, fu quello per la costruzione delle strade. Le uniche vie di comunicazione esistenti in Eritrea al momento dell’occupazione italiana erano carovaniere. Le necessità di guerra imposero rapidamente la costruzione di strade accessibili ai carri che poi furono adattate ai bisogni commerciali. Le strade venivano divise dal governo italiano in due classificazioni, quelle carrozzabili e le piste. Le prime si svolgevano prevalentemente nell’altopiano, su fondo costruito dal lavoro umano, caratterizzato da forti pendenze in quanto soprattutto opere di trasformazione di mulattiere, le seconde nel bassopiano, tenute al piano di campagna, prive di qualsiasi artefatto.

 

Le carrozzabili erano la Asmara – Massaua di lunghezza pari a 120 chilometri, la Asmara-Senafè, lunga 142 chilometri, la Asmara-Adi Qualà, lunga 93 chilometri, la Asmara-Cheren-Valle Hagos, di 104 chilometri, la Nefasit-Deccamharè, di 39 chilometri, la carrozzabile del Dorfùm che dalle porte del Diavolo si staccava dalla Asmara-Massaua per 18 chilometri, la Asmara-Belesa-Coazien, lunga 22 chilometri, la Asmara-Zazzega, lunga 16 chilometri, e la carrozzabile delle Pendici orientali, lunga 60 chilometri, che si staccava dalla Asmara-Cheren e conduceva alla Sella Sagaria, alla Sella Ambellaco ed al Monte Sabur, la carrozzabile Deccamharè-Guilà, di 33 chilometri, la Deccamharè-Adi Nebri-Mai Aini, di 33 chilometri, la Cheren-Gabenà-Confalon di 18 chilometri, la Cheren-Sella Dobac, di 10 chilometri, la Asmara-Senafè-Hebo-Metaten, di 14 chikometri, la Senafè-Forte Cadorna, di 10 chilometri, la Senafè-Barachit, di 10 chilometri, e la Senafè-Forti dello Scimezanà, di 12 chilometri.

Le piste erano la Mssaua-Assab, di circa 600 chilometri, la Assab-Raheitaa, di circa 50, la Assab-Dadato, di 65 chilometri, la Assab-Ela, di 60, la Beilul-Uaddi, di 70, la Edd-Halal, di 65, la Mersa Fatma-Cullulli, di 90, la Mersa Fatma-Cululli-Monte Agam, di 10 chilometri, la Massaua-Zula ad Ua-a, di 10 chilometri, la Massaua- Emberemi-Uachiro, di circa 44 chilometri, la Massaua- Pozzi di Canfer, di circa 40 chilometri, la Asmara-Azzega, di nove chilometri, la Asmara-Himberti, di 20, la Asmara-Adi Quala- Uogherico, di 39.500 chilometri, la Adi Ugri-Mai Edagà, di trenta chilometri, la Mai Edagà-Coatit, di 30 chilometri, la Adi Quala-Daroconat, di 5 chilometri, la Adi Quala-Ciglione est di Gundet, di 6, la Cheren-Agordat, di 75, la Agordat-Sabderat, di 191, la Agordat-Tessenei, di 165, la Tessenei-Sabdeart, di 35, la Tessenei-Confine, di 24, la Tessenei-Om Ager, di 120, la Agordat-Batentù, di 72, la Tarchinà-Adergullià, di 8, la Barentù-Tole, di 50, la Tolè-Acqua Odas, di 30, la Tolè-Aqua Odas-Erennei, di 45, la Barentù- Aqua Odas, di 60, la Baretnù-Bighela, di 70, la Barentù-Pista Agordat-Tessenei, di 80, la Aimasa-Tessenei-Om Ager, di 80, la Pozzi Dasè-Biaghela-pozzi di Tellinà, di 75, la Giarabà-Morchiti, di 25 e la Biaghela-Mai tebb-Om Ager, di 90.

Il totale dei chilometri percorribili con automezzi era di 3239 chilometri percorsi da autoveicoli privati e automobili dei servizi pubblici sia riguardanti le linee di trasporto passeggeri che quelle della posta.

Non mancarono investimenti in altre linee di collegamento. Sei linee per le comunicazioni marittime erano gestite dalla Compagnia Italiana Transatlantica, mentre le linee ferroviarie erano tre, la Massaua-Asmara di 122 chilometri, la Asmara-Cheren, di 104 chilometri, e la Cheren-Agordat, di 86 chilometri. In particolare il primo tratto era giudicato dai tecnici una opera innovativa dell’ingegneria italiana perchè costruita a 2.400 metri sul mare.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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