Costantino, l’imperatore cristiano

Quando a Eboracum si spense, il 25 luglio del 306, Costanzo Cloro, le truppe romane stanziate in Britannia s’affrettarono a proclamare imperatore il giovane Costantino. L’atto fu ripetuto da altre truppe in varie parti di quell’immenso territorio imperiale e produsse la coesistenza di ben quattro Augusti più un usurpatore, Massenzio, impadronitosi di Roma e dell’Italia. Tra alleanze, tradimenti e colpi di scena, si sarebbe sviluppata una guerra civile sino al trionfo del 312 a Ponte Milvio, quando la leggendaria apparizione della Croce con la scritta “In hoc signo vinces” consentì a Costantino di sbaragliare il rivale Massenzio.

Il suo regno durò dal 306 al 337, uno dei più lunghi della storia romana, innovativo, di rottura. In pochi anni una nuova religione superò la prova difficilissima delle persecuzioni e si affermò come fede privilegiata. Costantino fu l’artefice di uno dei più profondi cambiamenti dell’Impero Romano ed ancora oggi per la Chiesa ortodossa l’imperatore è un santo oggetto di una venerazione calorosa. Ma questa propensione rivoluzionaria si manifestò anche in altre decisioni clamorose, prima fra tutte la fondazione di Costantinopoli che, di fatti, surclassò la vecchia capitale e pose le basi del futuro bizantino.

Eppure Costantino fu uno dei personaggi più discussi del suo tempo. Gli scrittori pagani lo accusarono di aver rovinato l’impero e ne denunciarono le colpe, l’aver vilipeso gli antichi dei, l’aver umiliato le tradizioni degl iantenati, l’aver deturpato i templi dei padri e perseguitato i sacerdoti. L’opera dei barbari sarebbe stato il castigo divino per tanti misfatti. Ma i suoi detrattori evidenziarono anche il fatto che Costantino aveva sguarnito le frontiere e affamato i sudditi con una soffocante pressione fiscale. Visione opposta dell’imperatore la davano ovviamente i cristiani. Consacrando Roma a Cristo, Costantino aveva garantito una rinnovata vitalità all’impero, creato una insperata armonia tra gli uomini e Dio, procurato un lungo periodo di pace e, con la fondazione di Costantinopoli, aveva assicurato la salvezza della parte orientale dell’impero assaltato dai barbari.

Dubbi sulla sincerità della sua fede sono stati avanzati da molti storici, anche perchè la sua legislazione è spesso lontana dai principi della morale cristiana e, inoltre, egli continuò a partecipare ai riti pubblici pagani. Nella polemica entrò anche una tragica vicenda personale. Nel 326, infatti, l’imperatore fece uccidere il figlio Crispo, avuto dalla prima moglie Minervina, accusato d’avere una relazione con la matrigna Fausta, anch’essa poi giustiziata. A quanto si disse, fu solo presso i sacerdoti cristiani che Costantino avrebbe trovato l’assoluzione e solo per questo si sarebbe convertito.

Ad ogni modo, dopo Ponte Milvio, arrivò l’Editto di Milano che fermò le persecuzioni e concesse ai Cristiani ed a tutti la facoltà di praticare quella religione che ciascuno avesse voluto”. In realtà la politica romana era molto complessa e se Costantino non chiuse subito coi vecchi riti pagani che scandivano l’intera vita dello Stato fu solo perchè gli atti pubblici, indispensabili all’attività di governo, erano intrinsecamente collegati al paganesimo. I cambiamenti non si verificano di botto, ma sono processi lenti che non seguono un percorso lineare. La stessa morale cristiana, intesa come un sistema di principi e di comandamenti che ogni fedele è tenuto a rispettare, fu il risultato di un’elaborazione durata molti secoli. Così bisogna riconoscere che molti cristiani continuarono a lungo a tenere una condotta di vita largamente influenzata dai vecchi costumi.

L’atteggiamento dell’imperatore fu sempre cauto, governava del resto un impero ancora pagano e non poteva cambiare tutto da un giorno all’altro. Si mosse con prudenza, propiziando la lenta ma capillare penetrazione del cristianesimo nella società del suo tempo. Fu proprio l’imperatore a preoccuparsi anche dell’unità dei cristiani. A tal fine promosse il primo concilio universale della storia della Chiesa, il concilio di Nicea, del 325. Qui si condannò l’arianesimo e fu proclamato il credo, il cosiddetto simbolo niceno, ancora oggi conservato dalla Chiesa cattolica.

Tutti i dubbi sulla sincerità della fede di Costantino sono comunque sfatati dal suo biografo, il vescovo Eusebio di Cesarea il quale ci tramanda come l’imperatore in privato si dedicasse assiduamente alle pratiche religiose cristiane e le pretendesse anche dai membri della sua corte. Né si dimentichi che per sua volontà molti edifici di culto cristiani furono costruiti o restaurati, la domenica fu dichiarata giorno di festa obbligatorio, il culto della propria persona fu proibito, il rituale pagano fu cancellato da alcune cerimonie pubbliche.

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Barbero, Costantino il Vincitore

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