Il Real de plata e l’Escudo d’oro

Un aspetto affascinante delle riforme monetarie è quando la terminologia da esse creata sopravvive alla moneta materialmente introdotta. Così è stato per il Denario introdotto a Roma durante la Seconda Guerra Punica, per il Solido di Costantino, per la Libra voluta da Carlo Magno e per la Gazzetta fatta coniare dalla Serenissima, tutti nomi che seppur deformati nel corso dei secoli sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. Tuttavia ci sono altre due riforme monetarie che, seppur non sopravvissute nella terminologia di uso corrente, hanno avuto un’importanza, oso dire, fondamentale per la vita di tutti noi, quelle connesse alle ordinanze con cui nel Regno di Castiglia venivano creati il Real de plata e l’Escudo d’oro.

Il Real, che è stato per quasi quattro secoli e mezzo la moneta d’argento della Castiglia prima e di “toda España y tierras conquistadas” poi, nasce verso la metà del XIV secolo come reazione della Corona al progressivo svilimento del Maravedi d’argento. Questo, infatti, durante il regno di Don Alfonso X el Sabio pesante 1/134 di Marco Castellano alla Ley di 11 Dineros y 4 granos, fino di 930/1000, era andato incontro ad una progressiva svalutazione che lo aveva portato, nel regno di Enrique II el Bastardo, a pesare solo 1/200 di Marco Castellano. Non si trattò dell’ultima svalutazione che conobbe il Maravedi, infatti già durante il regno di Juan I de Trastamara era tariffato 1/250 di Marco Castellano, valore che sarebbe sceso ad 1/500 durante il regno del figlio Enrique III, 1/1000 col nipote Juan II ed addirittura 1/2250 col pronipote Enrique IV. La risposta della Corona fu la creazione di un nuovo nummo d’argento, multiplo del Maravedi, un pezzo prestigioso che già nel nome rendesse evidente il collegamento con la monarchia.

Troviamo menzionato il Real per la prima volta in un’ordinanza, anno 1442, del re Juan II dove il coronato ordina ai suoi tesorieri la coniazione di Reali, alla talla di 66 pezzi per Marco Castellano, identici a quelli fatti coniare dal “Rey Don Enrique II, su padre, dal Rey Don Iohan I, su abuelo, e dal Rey Don Enrique II, el Bastardo, su bisabuelo”.

Messa così l’origine del Real risalirebbe agli Anni Settanta del XIV secolo, tuttavia nei musei si conservano monete de plata coniate durante il regno di Don Pedro el Cruel, identiche per peso e titolo a quelle coniate in seguito da Enrique II el Bastardo, che si è poi dimenticato di ricordare come l’idea del Real fosse nata nella testa del fratellastro.

Il Real si dimostrò una moneta particolarmente stabile, la tariffa, fissata inizialmente in tre Maravedi, aumenterà progressivamente fino a 34 Maravedi, valore regolato con Pragmatica del 22 giugno 1497 firmata da Los Reyes Católicos Don Hernando y Dona Isabela, che sarebbe rimasto stabile fino all’adozione da parte della Spagna del Sistema Metrico Decimale verso la metà del XIX secolo. Il fino, stabilito inizialmente alla Ley di 11 Dineros y 4 granos, titolo di 930/1000, solo nel 1709 calerà a 917/1000 per poi essere stabilizzato nel 1772 a 902/1000. Il peso, invece, che come scritto sopra inizialmente era pari a 1/66 di Marco Castellano, con la già menzionata Pragmatica del 1497 calerà a 1/67. Nel 1642 verrà ridotto a 4/335, valore che nel 1686 scenderà a 1/84 per essere poi stabilizzato nel 1772 ad 1/170.

A partire dalla fine del XV secolo l’aumentata disponibilità di argento sul mercato consentirà alle zecche spagnole di coniare multipli del Real. Tra il 1497 ed il 1641 venivano battuti multipli da 2, 4 ed 8, detto anche Real de a ocho, tra il 1642 ed il 1772 multipli da 2, 5 e 10, o Escudo de Plata Nueva o Piastra, dopo il 1772 e fino alla decimalizzazione multipli da 2, 5, 10 e 20, quest’ultimo anche detto Peso Duro o Peso Fuerte o Dollaro Spagnolo.

L’origine dell’Escudo, invece, va cercata in un’ordinanza promulgata nel 1537 a Valladolid, con cui Los Reyes Católicos Dona Juana y Don Carlos Primero ordinavano alle loro zecche di labrar Escudos de Oro di qualità pari a quella de los mejores Escudos de Italia, quindi alla Ley di viente y dos quilates, fino di 917/1000 ed al peso di 1/68 di Marco Castellano. Lo Scudo manterrà stabile il suo peso fino alla decimalizzazione, subendo solo nel 1772 una riduzione del fino a 902/1000 ed a partire dalla seconda metà del XVI secolo vennero emessi anche i multipli da 2, Dobla 4, Doblone, e 8, Doppio Doblone.

Inizialmente tariffato a 10 Real e 10 Maravedi, lo Scudo, a differenza del Real, ha aumentato progressivamente di valore. Di seguito si trascrivono le variazioni della tariffa fino al 1779:

 

1586 – 11:26

1609 – 12:32

1642 – 16:06

1643 – 18

1686 – 19

1726 – 18

1728 – 20

1730 – 18:28

1772 – 37:17

1779 – 40

 

È interessante notare che dopo il 1772 il Dollaro Spagnolo era tariffato a 20 Real e ricordando altresì che, con il Coinage Act del 1792, il governo statunitense aveva stabilito, art. 9, che le monete da un Dollaro dovevano essere battute in argento “each to be of the value of a Spanish Dollar as the same is now current”, risulta che tra il 1792 ed il 1834 il pezzo da un Dollaro Spagnolo era accettato negli Stati Uniti per un Dollaro USA, mentre lo Scudo era corrente per due.

Dove sta “l’importanza fondamentale” di queste riforme? Guardiamo alla letteratura ed è presto detto.

Grazie alle ordinanze di Don Pedro el Cruel, di Don Hernando y Dona Isabela, di Dona Juana y Don Carlos Primero e di Don Carlos de Borbón Tercero del Nombre, nel romanzo “Il Corsaro Nero”, Carmaux poté dire a Wan Stiller: «Mio caro, prepariamoci ad una lotta disperata e, come è costume fra noi filibustieri, se io dovessi venire tagliato in due da una palla di cannone o ucciso sul ponte del vascello nemico, nomino te erede della mia modesta fortuna.

— Che ascende?

A due smeraldi che valgono almeno cinquecento piastre l’uno e che tengo cuciti nella fodera della mia giacca».

Ed è sempre grazie a loro se, sulla Pequod, il Capitano Achab del romanzo “Moby Dick” poté affermare: «Guardate qua! Vedete quest’oncia d’oro spagnola? Vale sedici dollari, ragazzi. La vedete? Signor Starbuck, datemi quella mazza». Avuta la mazza, l’alzò e camminò verso l’albero maestro, mostrando la moneta d’oro con l’altra mano, e gridando a piena voce: «Chi di voi mi segnala una balena con la testa bianca, la fronte rugosa e la mandibola storta, chi di voi avvista questa balena bianca con tre buchi nella pinna destra della coda, guardate! Chi segnala questa balena avrà quest’oncia d’oro, ragazzi!».

 

 

 

 

Nota Metrologica

Nel Regno di Castiglia per tutto il Basso Medioevo e l’Età Moderna il Piede Monetario era il Marco di Castilla, definito come 1/2 di Libbra e diviso in 8 Onzas da 576 Granos, 230,05 g moderni.

Il peso delle monete si esprimeva in ” Talla al Marco “, ovvero numero di pezzi che si dovevano ricavare da un Marco di pasta metallica.

Il fino, ” Ley “, delle monete si esprimeva sempre utilizzando il Marco di Castilla, ma con differenze tra Oro ed Argento.

Per il metallo giallo il Marco era diviso in 24 Quilates da 4 Granos, mentre per l’Argento in 12 Dineros da 24 Granos.

 

 

 

 

 

Autore articolo e foto: Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: Aloïss Heiss, “Descripción general de las monedas hispano-cristianas desde la invasión de los Arabes”; Angelo Martini, “Manuale di Metrologia”; Emilio Salgari, “Il corsaro nero”; Herman Melville, “Moby Dick o La Balena”; Tomás Antonio de Marien y Arróspide, “Tratado general de monedas, pedidas y cambios de todas las naciones: reducidas a las que se usan en España”

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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