Milano romana

L’invasione di popolazioni celtiche provenienti dalla Gallia e dalla Boemia del IV secolo a.C. segnò convenzionalmente il passaggio, in Italia settentrionale, dalla prima alla tarda età del ferro e rappresentò un vivace cambiamento per il Nord dell’Italia. Le impetuose tribù galliche si mescolarono agli insubri, ai liguri, agli etruschi e da ciò germinò una serie di insediamenti destinati a divenire in seguito grandi città, tra essi c’era anche il primitivo villaggio di Milano.

Tito Livio racconta di un tale Belloveso che avrebbe raggiunto coi suoi galli la pianura padana e, proprio nel mezzo di essa, avrebbe fondato Mediolanum. Il sito, equidistante dagli approdi fluviali e al contempo protetto da attacchi esterni proprio dai fiumi, fornì agli uomini di Belloveso buone condizioni di abitabilità in una plaga smorta, piatta, acquitrinosa. Il toponimo Mediolanum indicherebbe proprio quel centro sorto in medio planum, al centro della pianura tra i fiumi Olona, Lambro, Seveso ed i torrenti Nirone e Pudiga. E’ pure discussa la tesi che Mediolanum derivi in realtà dal celtico Medhelan ossia “santuario di mezzo”: Medhelan potrebbe essere stata fondata nei pressi di un importante e preesistente santuario celtico situato nei pressi di Piazza della Scala, ma per ora è solo un’ipotesi. Tito Livio narra che Belloveso, valicate le Alpi, si fermò lì dove vide una scrofa semilanuta, lo stesso animale che figurava sul suo scudo, credendo che ciò fosse un segno divino. L’animale divenne così uno dei simboli di Milano.

Intorno al 225 a. C., i romani si volsero alla conquista della Val Padana e Milano cadde davanti alle armate dei consoli Gneo Cornelio Scipione Calvo e Marco Claudio Marcello. A Mediolanum si scrisse la sorte dei galli. Costoro vi si erano rifugiati dopo aver inanellato tutta una serie di cocenti sconfitte. Restarono lì asserragliati, disposti a resistere ad ogni costo. I consoli allora dissimularono una ritirata verso Acerrae, l’odierna Pizzighettone, per fare uscire i nemici e affrontarli in campo aperto. L’inganno riuscì, i galli uscirono con l’intenzione di attaccare le retroguardie romane e si ritrovarono invece travolti dal contrattacco pianificato da Gneo Cornelio Scipione Calvo e Marco Claudio Marcello.

La vittoria durò poco, la città ostinata a restar libera fu presto perduta: Annibale accolse nel suo esercito i galli di Milano e lì guidò, sotto le sue insegne, al riscatto, contro Roma. Fu forse proprio un milanese quel Ducario che sul Trasimeno, nel 217 a. C., uccise il console Flaminio. Tuttavia il destino dei galli di Milano seguì quello di Annibale e nei primi anni del II secolo a. C. furono ridotti all’obbedienza.

Nell’89 a.C., Milano, grazie ad una legge di Pompeo Strabone, la Lex Pompeia de Gallia Citeriore, fu promossa colonia latina nel cuore della Pianura Padana ordinata provincia col nome di Gallia Citerior. I notabili milanesi disapprovarono da subito quella misura che rendeva la loro terra una semplice provincia e, alla morte di Silla, tentarono di recuperare la propria libertà e sostennero il tentativo del console Lepido di rovesciare l’ordine sillano che aveva ridotto l’area ad una grande periferia romana. Furono però sconfitti dal Senato che inviò Pompeo a riassoggettare la provincia ribelle e pagarono l’insubordinazione con una strage di notabili. Era il 77 a. C..

La proiezione di Roma nel continente trovò in Cesare la sua punta di lancia. La conquista della Gallia fece sì che Roma mettesse radici in Europa e Milano, per la sua posizione, acquisì una inaspettata rilevanza.

Negli anni della conquista della Gallia, Cesare trovò nella città un solido punto di riferimento per le sue truppe, ne fece il centro delle retrovie e ciò, di conseguenza, spronò enormemente lo sviluppo civile e commerciale di quello che era solo un piccolo centro. Completata la sua ascesa, il dittatore diede alla colonia, come azione di riconoscimento, il titolo di municipium ed a governarla fu suo figlio adottivo, Bruto. Proprio la sanguinaria azione di quest’ultimo ritardò per qualche anno il pieno godimento del beneficio concesso da Cesare e le fortune di Milano dovettero aspettare Ottaviano.

Nel 42 a. C., Ottaviano, ottenuta la vittoria di Filippi, portò i confini di Roma alle Alpi, trasformò la vecchia Gallia Citerior nell’Undicesima regione d’Italia, la Transpadana, e ne consegnò il capoluogo a Milano. Proprio Ottaviano però sollevò aspre lamentele per una statua di Bruto che campeggiava nel Foro milanese. Si vuole che, ascoltate le ragioni di milanesi, l’Imperatore infine ne lodasse la lealtà nei confronti di un vecchio benefattore.

È a quest’epoca che risalgono la prima cinta muraria milanese, una capillare rete stradale ed il teatro. Da oscuro villaggio gallico e piccolo centro agricolo, Milano era diventata una famosa città di un impero vastissimo. Non più centro della difesa romana, ora che l’Impero aveva i suoi confini al Reno, al Danubio, all’Eufrate, si ripensò metropoli di artigiani, mercanti e uomini di cultura.

L’avvento delle invasioni barbariche e la profonda instabilità politica dell’Impero ne mutò ancora il ruolo, che tornò ad essere quello di baluardo militare. Gli alemanni, che avevano sfondato il limes germanico-retico e attraversato il Passo del Brennero, proprio a Milano furono sconfitti dall’imperatore Gallieno. Sei anni dopo, impegnato in una campagna contro i goti, Gallieno tornò ancora a Milano per sconfiggere il suo rivale, Aureolo, che vi stava assediato, ed in questa circostanza fu ucciso in una congiura.

Cambiò ancora volto quando Diocleziano si affiancò Massimiano e gli assegnò l’Occidente con residenza proprio a Milano, nel 286. La città ebbe allora la sua residenza imperiale, le terme, il foro, la zecca, mentre l’Imperatore tenne per sé l’Oriente con residenza a Nicomedia. Sino al 402, Milano, assurta a capitale d’Occidente, andò abbellendosi ed arricchendosi, ampliò le sue mura e triplicò la sua estensione.

Con l’abdicazione di Diocleziano si aprì uno dei periodi più travagliati dell’Impero e Milano conobbe ben tre imperatori: Severo, Massenzio e Costantino. Questi vi entrò da vincitore e qui strinse un patto con Licinio, che ancora in Oriente sfidava il rivale Massimino Daia, gli fece sposare sua sorella Costanza ed emise quell’editto che, dopo più di due secoli di persecuzioni, stabilì la libertà di culto.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Bosisio, Storia di Milano; AA.VV., Storia di Milano, Fondazione Treccani degli Alfieri; C. de’ Rosmini, Istoria di Milano

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