Storia del Cristianesimo: Teresio Olivelli, l’alpino ribelle

Cremato in un forno nazista ad Herrsbruck, in Austria, Teresio Olivelli fu definito da don Primo Mazzolari “uno dei maggiori spiriti cristiani del nostro tempo”.

Morì, non ancora trentenne, il 12 gennaio del 1945. Di lui non resta una tomba, una lapide, un punto di terra dove lasciare un gfiore. Olivelli era un giovane fascista convertito alla Resistenza e per questo catturato, torturato e ucciso. Aveva creduto in Mussolini, aveva aderito al partito fascista, nel 1933, a Trieste, e nel 1936, a Bologna, vinse le gare Littorali e fu il duce in persona a premiarlo a Roma, col Popolo d’Italia che l’acclamava: “ha vinto il migliore!”.

Nel 1938 si laureò in giurisprudenza e fu destinato come assistente alla cattedra di Diritto amministrativo all’Università degli Studi di Torino, poi volle partire volontario per l’Abissinia. Lo zio arciprete lo convinse a non andarci, allora si arruolò nelle falangi per combattere in Spagna, ma ancora una volta lo zio lo dissuase. Partì invece volontario per la Russia, come sottotenente della Divisione Tridentina. Rientrato, a soli 26 anni fu nominato, con consenso del regime e con decreto di Vittorio Emanuele III, rettore del Collegio Chisleri di Pavia. Non vi stette che per due anni

Olivelli però era anche un convinto cristiano, militante dell’Azione cattolica. Aveva a lungo ritenuto che il fascismo potesse essere reso in qualche modo coerente con i valori del cristianesimo, ma l’8 settembre, caduto il regime ed emersi palesemente gli orrori del nazismo, aderì alla Resistenza, fuggendo e poi venendo ricatturato per ben otto volte da diversi lager tedeschi.

Uomo di preghiera, sereno, ottimista, fu catturato l’ultima volta in piazza San Babila, a Milano, il 27 gennaio 1944, mentre usciva dalla “Messa della Carità” celebrata da padre David Maria Turoldo. Fu tradotto a San Vittore, qui fu torturato. Perdonò l’amico delatore, diventato spia per paura e fu poi in balia dei nazisti, trasferito a Fossoli, a Merano, a Bolzano, a Flossemburg e finalmente a Hersbruck.

Faceva pregare di nascosto, organizzava riunioni di lettura del Vangelo, lezioni di catechismo, anche in lingue diverse; in mancanza di sacerdoti si prestava per l’assistenza religiosa ai moribondi. I kapo lo odiavano più degli altri prigionieri, a motivo del suo atteggiamento religioso e del suo servizio spirituale in favore del prossimo. In lui i nazisti vedevano un atteggiamento quasi sacerdotale e il loro odio nei suoi confronti aumentava.

Nel campo di concentramento di Hersbruck, tutte le testimonianze riferiscono del suo impegno per gli altri nel conforto emotivo. Si privò spesso della sua razione di lardo e pane per donarlo ai suoi compagni sin a dimagrire come uno scheletro. “Solo chi dà la vita senza misura, è degno di avere la vita”, fu questo il suo motto. Fu esempio di coraggio per tutti e scrisse due preghiere rimaste storiche per la resistenza italiana, la Preghiera dell’Alpino e la Preghiera del ribelle.

La sua ultima preghiera, prima d’avere il petto sfondato da un calcio d’un kapo nel lager, fu per la famiglia, gli alpini, gli amici e i nemici. Teresio tentò di difendere un giovane picchiato dal kapo, si mise di mezzo, fece da scudo con il proprio corpo e ne ricevette un forte calcio allo stomaco. Non si riprese più. Rimase ancora in vita per oltre due settimane, in un’agonia dolorosa e prolungata. Morì alle prime ore del 17 gennaio 1945.

Il 3 febbraio 2018 è stato proclamato beato. Di lui ci resta la bellissima Preghiera dei ribelli per amore.

 

 

Signore, che fra gli uomini drizzasti la tua croce segno di contraddizione,

che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa,

a noi, oppressi da un giogo numeroso e crudele che n noi e prima di noi ha calpestato Te fonte di libera vita,

da’ la forza della ribellione-

Dio che sei Verità e Libertà, facci liberi e intensi:

alita nel nostro proposito, tendi la nostra volontà, moltiplica le nostre forze, vestici della Tua armatura.

Noi ti preghiamo, Signore.

Tu che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso, nell’ora delle tenebre ci sostenti la Tua vittoria: sii nell’indigenza viatico, nel pericolo sostegno, conforto nell’amarezza.

Quanto più si addensa e incupisce l’avversario, facci limpidi e dritti.

Nella tortura serra le nostre labbra.

Spezzaci, non lasciarci piegare.

Se cadremo fa’ che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri Morti a crescere al mondo giustizia e carità.

Tu che dicesti: “Io sono la resurrezione e la vita” rendi nel dolore all’Italia una vita generosa e severa.

Liberaci dalla tentazione degli affetti: vegli Tu sulle nostre famiglie.

Sui monti ventosi e nelle catacombe delle città, dal fondo delle prigioni, noi Ti preghiamo: sia in noi la pace che Tu solo sai dare.

Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore.

 

Teresio Olivelli

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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