L’insediamento fenicio di Mozia

Probabilmente affrontare la storia dei Fenici non solo significa parlare di un popolo e di tante città-stato in lotta tra loro, ma soprattutto di una emigrazione dal Libano verso le coste del Mediterraneo che influenzò in maniera profonda il mondo del III millennio avanti Cristo. L’importanza dei legami economici e culturali tra i Fenici di Biblo e l’Egitto è acclarata, così come quelli tra le città di Arwad, Tiro, Ugarit e la Grecia, ma, in mancanza di fonti scritte, per conoscere questa antica civiltà ci si rivolge alle testimonianze di scrittori e storici, spesso di parte nemica o di parecchi anni posteriori.

Nei testi omerici i Fenici sono chiamati “sidoni”, con riferimento a Sidone, la città fondata, secondo la leggenda, dal figlio di Canaan, nipote di Noè. Il termine “fenici” invece deriverebbe da una parola ellenica che significa rosso, phoinix, una possibile allusione alla tintura di porpora impiegata da questo popolo nell’industria tessile. Ad ogni modo l’attività commerciale di questa popolazione la condusse in tutti gli angoli del Maditerraneo, a Cipro come a Rodi, in Asia Minore come a Creta, a Malta come in Spagna, in Sardegna e sull’isola di Pantelleria come in Sicilia.

I Fenici seppero costruire rapporti amichevoli e duraturi con gli abitanti delle colonie, ma una serie di eventi di guerra, quella con gli Assiri, quella con le città greche e la concorrenza commerciale degli Etruschi, li condusse ad arroccarsi attorno ad un’unica città. Ci riferiamo a Cartagine che, nel III secolo avanti Cristo, divenne la maggiore potenza marittima in grado di contrastare la Repubblica romana.

Come si sa il grande confronto tra le due civiltà esplose nelle tre guerre puniche conclusesi nel 149. Ma non ci piace oggi parlare di guerra, preferiamo invece parlare di scambi culturali ed economici. Nell’arco di questi secoli nascono infatti comunicazioni marittime, commerciali e culturali tra sponde del Mediterraneo che prima non erano in collegamento.

A tal proposito è interessante l’insieme dei reperti archeologici fenici presso il Museo Antropologico Nazionale di Napoli costituito da oggetti in ceramica, come le sculture apotropaiche, ed anfore da trasporto. Probabilmente i Fenici ebbero a Napoli una piccola base commerciale perchè fenicio è per esempio il nome dell’isolotto su cui sorge Castel dell’Ovo, Megaris, e fenicio probabilmente è anche il tempio di Afrodite Euploia a Pizzofalcone. Sicuramente sono più vive le tracce lasciate in Sicilia e nelle Egadi, a Favignana in particolare dove è emersa una necropoli, e a Pantelleria, luogo di uno scalo commerciale stabile.

Proprio la Sicilia fu un teatro importante dell’insediamento fenicio nel Mediterraneo. Nel 734 a.C. i Fenici vi fondarono Mabbonath, l’odierna Palermo, e prima ancora vi avevano fondato Mtw, cioè Mozia.

Secondo lo storico Diodoro Siculo, lo scopo principale della colonizzazione fenicia era il commercio dei metalli spagnoli, argento, stagno, oro… così le città da loro fondate divenivano dei veri e propri empori commerciali, basi attrezzate per la navigazione e per i traffici. Fu questo il caso anche di Mozia che si estende al centro di un area lagunare di grande interesse naturalistico per 45 ettari, è il tratto di mare conosciuto come Stagnone di Marsala. La caratterizzava una fiorente attività marinara ma anche produzioni artistiche artigianali di qualità come ceramiche e vasellame di terracotta. Quando nel VI sec. si acuirono i contrasti tra Greci e Cartaginesi per il predominio sulla Sicilia, Mozia venne coinvolta, si arrivò a cingerla di mura che ne potevano permettere una difesa migliore. La fine di Mozia è solo rinviata: nel 397 Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, assedia la città e pone fine alla sua esistenza.

Alla fine dell’800 il nobile inglese Giuseppe Whitaker avvierà una profonda riscoperta dell’isola portando alla luce resti, sentieri, una serie di pietre tombali ed urne funerarie che costituiscono l’antica necropoli fenicia, ed i resti della cinta muraria che si snodano lungo un percorso di oltre due chilometri. In quest’area sono state individuate due porte ed un kothon, ovvero una piscina sacra connessa con un tempio. Gran parte dei reperti sono visibili presso la casa di Whitaker, adibita a museo che oggi fa testimonianza della grandezza delle colonie fenice di Sicilia.

 

Autore: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

 

 

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