Luigi di Taranto alla conquista della Sicilia

Divenuto re grazie al matrimonio con Giovanna I d’Angiò e con lei incoronato nel maggio del 1351 a Napoli, Luigi di Taranto pensò di conquistare la Sicilia.

Rendevano fattibile l’impresa una serie di condizioni tra cui la minore età del re Ludovico di Sicilia e l’ostilità tra i catalani suoi reggenti, capeggiati dal Gran Giustizier Blasco II d’Alagona, e le famiglie aristocratiche dell’isola. Una crisi economica faceva seguito agli orrori della peste, i Chiaromonte avevano occupato Palermo, Trapani, Siracusa, era in rivolta Messina ed il re stesso era fuggito a Catania. Fu il conte Simone di Chiaromonte a spronare l’Angioino ad intervenire.

Luigi di Taranto inviò il Gran Siniscalco Niccolò Acciaiuoli che, al comando delle truppe, occupò numerose città. In breve tempo Milazzo e Palermo erano state prese e Ludovico di Sicilia pativa sotto assedio e dopo poco spirava lasciando il potere a suo fratello Federico IV, infermo e di appena tredici anni, detto il Semplice.

Convinto del successo, Luigi lasciò Napoli raggiungendo, con Giovanna, Reggio Calabria per seguire più da vicino l’evolversi delle vicende belliche. Quando gli comunicarono che Messina si era resa e che le principesse Bianca e Violante, sorelle di re Federico IV, erano state fatte prigioniere, varcò lo stretto.

Era il Natale del 1355 e con Giovanna d’Angiò ricevette l’omaggio di Messina.

Le cose sembravano ormai fatte. L’esercito aragonese era ridotto all’osso e la Sicilia poteva dirsi ritornata agli Angiò. La conquista dell’isola doveva però essere ultimata. L’assedio di Catania, dove si trovava Federico, fu affidato a Raimondo del Balzo ma tutto andò disperso quando, senza più paga, l’esercito sbandò ed il suo capitano fu addirittura fatto prigioniero da contadini. La notizia gettò nello sconcerto Luigi che per barattò la libertà di Raimondo del Balzo con quelle delle principesse Bianca e Violante d’Aragona.

Come se non bastasse, sull’isola si erano rafforzate più frazioni della nobiltà siciliana in lotta tra loro e nel Regno di Napoli una rivolta baronale, capeggiata dai Conti di Gravina, creava non pochi problemi costringendo la coppia reale a tornare a Napoli.

La guerra in Sicilia continuò per un po’, affidata a Niccolò Acciaiuoli, ma tutto era ormai perduto: i Chiaromonte si riconciliarono con Federico IV ed il controllo territoriale angioino si ridusse alla costa settentrionale senza che da Napoli accorressero rinforzi.

Il 26 maggio del 1362, colto da una violenta febbre, Luigi di Taranto spirò. Aveva 42 anni e fu sepolto nella chiesa di Montevergine.

La sua iniziativa militare però aveva posto le basi per una futura più stabile pace, quella che, con l’intervento del pontefice Gregorio XI, si ratificò nel 1372 ad Avignone. Tutti i territori conquistati furono restituiti a Federico il quale prese in moglie Antonia del Balzo, figlia del duca d’Andria, Francesco del Balzo, e si dichiarò non più “Re di Sicilia”, titolo che spettò solo alla corte istallata a Napoli, ma “Re di Trinacria”. In più si disse tributario di Luigi di Taranto promettendo un pagamento annuale di tremila once d’oro agli angioini ed il sostegno di cento uomini d’armi e dieci galere in caso di guerra. In buona sostanza si ribadivano i punti salienti della Pace di Caltabellotta.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

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