L’ultimo Gioberti

Nel 1851, in esilio a Parigi, Gioberti diede alle stampe il Rinnovamento civile d’Italia. E’ questo l’ultimo Gioberti, quello frustrato dalla bruciante sconfitta delle speranze unitarie e confederative. Non è più l’uomo del Primato, troppe delusioni, troppe polemiche, troppe esperienze di lotta l’avevano consumato, ed il libro lo dimostra.

Il tallone d’Achille delle sue proposizioni era stato l’attribuzione della regia del piano unitario al Papa. Il pontefice s’era dimostrato arroccato su antitetiche opinioni, perfettamente in linea col “gesuitismo”.

A quanti chiedevano a Gioberti se, dopo i fatti della Prima Guerra d’Indipendenza e della Repubblica romana, fosse ancora a favore di una confederazione incentrata sul pontefice, rispondeva ora che la missione spirituale per la quale la Chiesa era nata era sostanzialmente incompatibile col potere temporale dei papi e che la vita civile doveva essere libera dalle ingerenze di Roma.

Gioberti guardò criticamente tutti gli accadimenti del 1849 e ne denunciò errori e limiti, uno per uno. Il fallimento politico era certo dovuto a molte cause, sicuramente allo spirito diviso degli italiani, ancorato ai democratici, ai repubblicani, allo stesso Mazzini, ora eletto “nemico d’Italia” per aver seminato diffidenza e calunnia verso il Piemonte eccitando i municipali, i partigiani degli interessi locali, ma era pur dovuto a Carlo Alberto ed alla mancata creazione di una lega italiana perché ciò spaventò Ferdinando II di Borbone e non permise la creazione di un esercito capace di fronteggiare l’Austria. Roma divenne repubblica per sé, Milano e Venezia si dettero loro specifiche consulte, con la lega sarebbe stato tutto diverso: “…ecco recisi i nervi e tronche le braccia alla demagogia; ecco spente nel germe le gelosie, le diffidenze, l’astio meschino fra i principi… e l’esoso straniero, ricacciato oltre le Alpi da tutte le forze collegate d’Italia, avrebbe perduto perfino la speranza di rivendicarle”.

Il 24 gennaio del 1852 tutte le sue opere furono messe all’Indice. Afflitto nell’anima e nel corpo tornò ad incontrare Cavour, ai principi d’ottobre. Il conte lo invitò a non demordere, a riprendere la sua battaglia per l’Italia ma Gioberti, il giorno 25 di quello stesso mese, morì per un arresto cardiaco.

Lasciava la vita terrena un uomo totalmente cambiato rispetto a quello di dieci anni prima. Nel Rinnovamento, Gioberti ammise che la strada confederativa era sbagliata e l’unità non poteva che scaturire dall’azione egemonica di Casa Savoia. Di lì a poco, Settembrini l’avrebbe così ricordato: “Venne un libro, che fece una rivoluzione profonda in tutta l’Italia, il Primato del Gioberti. Noi eravamo servi, divisi, sminuzzati, spregiati dagli stranieri che ci dicevano una stirpe degradata, che chiamavano l’Italia terra dei morti, non di uomini vivi, non altro che un nome rimasto nella geografia e cancellato dal novero delle nazioni d’Europa; no istessi ci tenevamo inferiori a tutti gli altri, per tanti secoli di misera servitù che avevano offuscato la coscienza dell’esser nostro, quando costui ci dice – Voi, italiani, siete il primo popolo del mondo. – Noi? – Sì, voi avete il primato civile e morale sopra tutti -. Non mai libro di filosofo, e neppure di poeta o di altro scrittore, è stato più salutare di questo.Il Gioberti, per fare entrare il libro i nItalia e farlo leggere da tutti e far penetrare la sua idea nella coscienza di tutti, con fine accorgimento, non propone alcun mutamento; loda i principi, loda il Papa, loda persino i gesuiti, non dicendo il falso, ma rilevando il bene, ammonendo con benevolenza, e mettendo innanzi una sua idea di una lega tra i principi italiani sotto la presidenza del Papa. Dell’Austria non parlò. Il libro fu letto da ogni condizione di persone. Prodigioso ne fu l’effetto: scosse e sollevò la coscienza di un popolo prostrato… L’Italia deve annoverare Gioberti tra i suoi maggiori benefattori”.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Arrighetti, L’edifizio del mio primato; M. Sancipriano, Vincenzo Gioberti: progetti etico-politici nel Risorgimento

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