Sistemi monetari preunitari: Oseo de Mona

Con questa pasquinata, nella primavera del 1798, gli abitanti della città di Venezia ironizzavano sulla novità introdotta dagli austriaci, le Cedole del Bancogiro.
Sto oseo de mona /  xe ora che el parta, /  el magna l’oro/ e el caga la carta
Stampate nei tagli da 10, 50 e 100 ducati da 8, sarebbero state ricevute “come dinaro effettivo da tutte le Casse Regie e Pubbliche in pagamento delle Contribuzioni daziarie, fondiarie, e qualunque altra”.
La gendarmeria austriaca reagì prontamente, affiggendo dei manifesti in cui si prometteva una taglia a coloro che avessero aiutato ad identificare l’audace. Tuttavia i veneziani si mostrarono particolarmente indifferenti nei confronti dell’offerta tanti che poco tempo dopo fece la sua comparsa una seconda pasquinata che diceva:
Saver se vorja,/ se la taja i la paga/ co’ queo che i magna/ o co’ queo che i caga
Le Cedole del Bancogiro, purtroppo, non furono l’unica novità che gli austriaci decisero di introdurre.

Il governo viennese aveva infatti stabilito che la “Lira Veneta” sarebbe rimasta in uso come unità monetaria, ma il circolante doveva essere costituito dalle monete austriache in biglione da 6, 12 e 24 kreuzer, ribattezzate, e ribattute, rispettivamente Mezza Lira, Lira e 2 Lire.

Relativamente al pezzo da 12 Kreuzer/1 Lira le Memorie dell’ultimo doge Ludovico Manin riferiscono che al 1802 ne erano stati coniati ben 5 milioni di pezzi!! Si trattava di dischetti in basso biglione, titolo 250/1000, e dal peso di 2,2 , 5,3 (?) e 8,65 g.

Per cercare di renderle più “accettabili” dalla popolazione prima di essere distribuite venivano imbiancate con un bagno d’argento, tanto che all’epoca venivano spregiativamente definite “tondelli fritti in argento”.

La sostituzione delle monete ha rappresentato per il governo arciducale una eccellente fonte di risorse. Infatti, se riflettiamo sul pezzo da 6 Kreuzer/Mezza Lira una cosa cattura subito la nostra attenzione. Nominalmente il suo valore doveva essere identico al 10 Soldi Veneto ma quest’ultimo pesava 2,48 g al titolo di 390/1000, corrispondenti ad un fino di 0,97 g.  Il fino della moneta austriaca invece era di soli 0,55 g con un calo rispetto alla monetazione pre-1797 del 43,3%.

L’obiettivo di questa svalutazione è anche troppo palese: mettendo fuori corso le monete repubblicane e sostituendole con nominali caratterizzati da identico valore ma fino praticamente dimezzato, l’erario arciducale incassava la differenza!

Ma se il Veneto piange la Lombardia non ride… A seguito dell’invasione napoleonica l’amministrazione austriaca evacuò, il 9 maggio 1796, la città di Milano e le sue funzioni vennero assunte da una Giunta Interinale di Governo. Questo sarebbe stato solo il primo di una zigzagante, per non dire ubriacante, serie di modifiche nella struttura governativa. Nel giro di soli sei anni a Milano si sarebbero alternati ben sei governi, ovvero: Agenzia Militare di Lombardia, Amministrazione Generale di Lombardia, Repubblica Cisalpina, Amministrazione Austriaca (restaurata), Repubblica Cisalpina (restaurata), Repubblica Italiana.

Nessuno di questi si preoccupò di porre ordine nella circolazione monetaria, tanto che in Lombardia esistevano contemporaneamente due tipi di specie monetarie, milanesi e venete, e tre modalità di gestione della contabilità, in Lire Milanesi, Venete o Mantovane… Il manicomio lombardo sarebbe proseguito anche dopo la trasformazione della Repubblica Italiana in Regno d’Italia per terminare il 21 marzo 1806. Quel giorno Napoleone I, per la Grazia di Dio e per le Costituzioni Imperatore de’ Francesi e Re d’Italia, firmava il decreto che estendeva ai territori italiani la monetazione in uso in Francia cioè un sistema basato su una divisa, la Lira Italiana, clone del Franco Germinale quindi corrispondente a 5 g di argento a titolo 900/1000 o 0,3226 g di Oro sempre a titolo 900/1000.
Materialmente venivano coniati i seguenti pezzi:

Materialmente venivano coniati i seguenti pezzi:
Oro
da 20 Lire, o Marengo, e 40 Lire
Argento
Da 5 Lire, o Scudo, 2, 1, 15 Soldi o 3/4, 10 Soldi o 1/2, 5 Soldi o 1/4, Lire
Biglione
10 centesimi di Lira
Rame
Soldo di Lira, 3 centesimi ed 1 centesimo di Lira

 

Per il Veneto le cose cambiarono con la Pace di Presburgo del 26 dicembre 1805.

In forza di questo trattato, i territori alla sinistra idrografica dell’Adige venivano uniti al Regno d’Italia napoleonico, stato satellite dell’Impero Francese ed evoluzione della precedente Repubblica Italiana. Anche al Veneto venne quindi estesa la monetazione in uso nella Lombardia Francese, cioè basata su una divisa clone del Franco Germinale. Tuttavia questo non rappresentò la fine della Lira Veneta, scomparsa come specie metallica continuò ad esistere, soprattutto in campagna, come moneta di conto impiegata nel piccolo commercio ragguagliata, in cifra tonda, a 50 centesimi di Lira Italiana.
La transazione non fu però indolore per i veneti che immediatamente iniziarono a lamentarsi che “per decreto” il loro denaro era stato dimezzato.

L’esistenza del Regno d’Italia terminò il 23 aprile del 1814 con la firma da parte del Viceré Eugenio della convenzione armistiziale che poneva sotto il comando austriaco i 45000 uomini dell’esercito italiano. Per lo scioglimento ufficiale si dovrà attendere il 25 maggio, quando il generale austriaco Heinrich Joseph Johannes Bellegarde assumerà la Reggenza Provvisoria, mentre l’annessione ufficiale all’Austria avverrà il 12 giugno. Il 7 aprile dell’anno successivo i territori italiani occupati vennero organizzati nel nuovo Regno Lombardo-Veneto, entità statale formalmente indipendentemente ma de facto sottoposta all’Impero.

La difficile situazione post-bellica impedì di affrontare subito il problema della circolazione monetaria e per garantire liquidità le zecche di Milano e Venezia continuarono a coniare Lire napoleoniche. Questo però, involontariamente, avrà delle conseguenze…

La decisione di adottare nel Regno d’Italia una valuta clone di quella circolante nell’Impero Francese è forse all’origine di un curioso modo di esprimersi nella Lombardia e nel Veneto. In queste zone, prima dell’adozione dell’euro, si usava il curioso termine “franco” come sinonimo della parola “Lira“. Gli storici vogliono che questo derivi dalla sigla “Franc (Franciscus) Ios (Iosef) Austriae Imperator” presente sulle monete austriache del valore di 1/2 Lira o superiori. Lo scrivente invece ritiene che l’origine di questo modo di dire derivi dal fatto che nel Regno d’Italia voluto da Napoleone la valuta circolante era la Lira Italiana identica per peso e titolo al Franco Francese, tanto che quest’ultimo veniva regolarmente accettato per i pagamenti.
Un esempio di questo uso di “Franco” per “Lira” lo si può vedere nell’invito della Commissione per l’Erezione della Casa di Ricovero ed Industria della città di Rovigo, che nell’ottobre del 1819 invitava la cittadinanza ad assistere allo spettacolo allestito presso il Teatro Sociale ed il cui ricavato sarebbe stato destinato al pagamento dei lavori. Nell’annuncio si specificava che “per agevolare l’entrata verrà portato il prezzo del biglietto serale ad un Franco”.

La Lira Italiana, ad ogni modo, continuò ad essere la valuta di Veneto e Lombardia anche dopo la loro trasformazione nel Regno Lombardo-Veneto. Questo fino alla riforma monetaria del 1 novembre 1823.

Il governo imperiale metteva ordine nella circolazione monetaria del Lombardo-Veneto introducendo una nuova valuta, la Lira Austriaca divisa in 100 centesimi. Questa doveva essere coniata in argento a titolo 900/1000 e pesare 4,331g. Multipli della Lira Austriaca erano lo Scudo, sempre in argento e del valore di 6 Lire, e la Sovrana, pesante 11,332g in oro 900/1000 e del valore di 40 Lire. Tra i sottomultipli invece c’erano in argento le monete da 1/2  ed 1/4 di Lira, ed in Rame quelle da 5 centesimi, peso 8,75g, da 3 e da 1. Non esistevano limiti al potere liberatorio dei pezzi in argento e oro, mentre per quelle in Rame questo era fissato, verso privati, ad un massimo di 25 centesimi.

Il pezzo da 5 centesimi era chiamato Carantano, e poiché 20 Carantani davano una Lira questa veniva chiamata “Zwanziger”, tedesco per “Pezzo da 20”, parola che i sudditi del Lombardo-Veneto storpiavano in Svanzica.

Note sono le svanziche di Giovanni Ricordi
Figlio dell’avventuriero veneziano Antonio, di cui Corbo e Fiore hanno recentemente pubblicato gustosi estratti delle sue “Memorie”, Gaetano Longo si stabilì nel 1834 ad Este per svolgervi l’attività di tipografo – editore, in quel periodo storico le due attività tendevano a sovrapporsi.
Affascinato dalla stampa musicale inizio, a partire dal 1839, a studiare un sistema per ridurne i costi arrivando nella primavera del 1840 all’invenzione dei “Caratteri mobili per stampa musicale”.
Il 22 giugno dello stesso anno l’imperatore concesse a Longo il Privilegio, ossia l’esclusiva per l’utilizzo della nuova tecnica tipografica, della durata di anni 5, la tipografia atestina mutò la denominazione in “Primo ed Unico I.R. Stabilimento Tipografico Musicale”. Prima opera pubblicata fu “Il Pesciolino. Melodia per soprano e tenore con accompagnamento di forte-piano” di Schubert.
L’editore milanese Giovanni Ricordi, allarmato dalla prospettiva che in Veneto si affermasse un temibile concorrente, si precipitò ad Este. Per sventare il pericolo venne a patti con Longo acquistando, per la somma di 20000 Svanziche, Privilegio, punzoni, forme, matrici, caratteri musicali e contratti. Gaetano utilizzò l’enorme somma per impiantare un vero impero tipografico. Negli anni successivi in tutto il Veneto spuntarono, come funghi, numerose tipografie di sua proprietà.

Continuiamo la nostra narrazione…
Espulsi gli austriaci dal Lombardo-Veneto nella primavera del ’48 i Governi Provvisori di Milano e Venezia modificarono ancora una volta il sistema monetario scegliendo di adottare il Sistema Decimale Francese, tornando quindi ad usare come piede il Franco Germinale.

Vennero quindi battute monete in oro da 40 e 20 Lire, in argento da 5 oltre a spiccioli in Rame da 1, 3 e 5 centesimi. L’esperienza ebbe breve durata, rientrati gli austriaci a Milano il 6 agosto 1848 ed a Venezia il 22 agosto 1849 le monete dei Governi Provvisori vennero messe fuori corso e ripristinata la Lira Austriaca.
L’anno 1857 portò un ulteriore rivoluzione nella monetazione del Lombardo-Veneto.

Con Patente Imperiale del 19 settembre 1857, entrata in vigore il I novembre 1858, l’Impero Austriaco adottava un sistema monometallico basato sull’argento, la nuova valuta era il Fiorino, diviso in 100 Soldi da 10 Parti. Oltre a questo, coniato in argento a titolo 900/1000 e del peso di 12,346g, erano battuti il 1/4 di Fiorino, 5,342g a titolo 520/1000. Queste rappresentavano le sole monete dell’Impero a contenuto pieno, ed erano affiancate da monete divisionali il cui potere liberatorio era limitato a 99 Soldi Austriaci cioè il 10 Soldi, 2g in argento a titolo 500/1000, il 5 Soldi, 1,333g in mistura a titolo 375/1000, il Soldo ed il 5/10 di Soldo, rispettivamente 3,333 e 1,666g di Rame.

Tutte queste monete riportavano la dicitura “moneta spicciola” che negli esemplari coniati nelle zecche tedesche diventava “scheidemünze”.

Dato che le monete all’interno dell’Impero circolavano liberamente capitava che i sudditi italiani trovassero nei loro portamonete questi dischetti e, come era accaduto 35 anni prima con la “Zwanziger”, italianizzavano il nome in “Schei de mona”.

Siamo arrivati al termine della nostra storia. Con la Seconda Guerra d’Indipendenza il Lombardo-Veneto perdeva quasi tutti i territori posti alla destra del Mincio, mentre con la Terza, sebbene in modo rocambolesco, cessava definitivamente di esistere.

Con Regio Decreto n°3072 del 21/07/1866 la Lira Italiana diventava valuta legale negli ex territoria, dichiarati poi parte del Regno d’Italia col 3301 del 05/11/1866. Così Franchi, Svanziche e Schei uscivano dalla storia per entrare nella leggenda.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Enrico Pizzo

Bibliografia: Bondesan e Vallin, Qui trovammo rifugio; F. Selmin, Este; G. Siega, Dizionario del lessico Veneto, Vico d’Incerti, Le monete Austriache del Lombardo-Veneto; V. Padovan, La Nummografia Veneziana; V. Piva, Manuale di Metrologia delle tre Venezie e della Lombardia; W. Basso, Nuovo Dizionario da scarsèa Veneto Italiano

 

 

 

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

Enrico Pizzo

Enrico Pizzo, classe ’74, residente sui Colli Euganei. Appassionato di storia veneta e storia dei sistemi monetari preunitari.

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