Umberto I a Villafranca

La grandezza di Re Umberto I si manifestò tutta col memorabile telegramma col quale disdisse la sua partecipazione alle corse di Pordenone per recarsi invece a Napoli, dove il colera iniziò a mietere centinaia di vittime. “A Portenone si fa festa: a Napoli si muore: vado a Napoli”, scrisse. Ma il re non mancò di virtù militari…

Nella Terza Guerra di Indipendenza fu attaccato dalla cavalleria austriaca, a Villafranca, e rischiò di essere fatto prigioniero. La fanteria italiana si difese disponendosi in “quadrato di battaglione” ed in uno di questi, il 4° del 49° reggimento della Brigata Parma, c’era pure il principe Umberto. Fu proprio contro quel battaglione che si accanirono le rabbiose cariche di seicento ulani, infrangendosi contro la tenace resistenza di 446 contadini, artigiani e operai insieme, per la prima volta nella storia d’Italia, in rappresentanza di tutte le sue province: 88 dal Piemonte, 48 lombardi, 54 parmensi, 9 modenesi, 85 romagnoli, 6 toscani, 21 umbri e marchigiani, 97 dalle Province meridionali, 29 siciliani e 9 fuoriusciti del Veneto ancora austriaco. Dei 600 cavalieri austriaci, ne restarono solo 200. Vediamo tutto da vicino…

Il 23 giugno del 1866 l’esercito italiano, col I ed il III Corpo d’Armata, si era impadronito del Mincio, mentre col II proteggeva Mantova. Alfonso La Marmora, credendo che gli austriaci fossero ancora sulla sinistra dell’Adige, ordinò che il grosso delle forze italiane avanzasse verso Verona, occupando la linea tra Pacengo, Sandrà, Sommacampagna, Villafranca. Il III corpo doveva occupare questi ultimi due paesi e la divisione del Principe Umberto doveva dirigersi a Villafranca.
Era costituita dalla Brigata Parma comandata dal generale Ferrero, dalla brigata mista comandata dal colonnello De Saguet, dai battaglioni bersaglieri IV e XI, dalle batterie del V, X, XI e XII reggimento d’artiglieria, dal III squadrone del reggimento Alessandria e dalla 17° compagnia del II reggimento genio.
La divisione avrebbe dovuto seguire la via di Mozzecane e collegarsi con la VII divisione Bixio e con la cavalleria del II Corpo, disponendosi così all’estrema destra del fronte di battaglia.

All’una e mezza di notte del 24 giugno 1866, la divisione si mosse spingendosi sino a Villafranca, trovata sgombra. Dopo una breve sosta, il Principe fece avanzare la Brigata Parma oltre il paese e la schierò su due linee, a destra della strada che conduceva a Verona. Davanti alla prima linea furono collocati i battaglioni bersaglieri, sulla strada fu posta una sezione d’artiglieria e il rimanente della divisione si dispose tra le due linee della Brigata Parma. La brigata mista, però, tardava a sopraggiungere e così il generale Ferrero, per coprire meglio Villafranca ed assicurare i collegamenti previsti con la VII divisione, mosse parte dei reparti sulla sinistra della strada di Verona. Mentre ciò avveniva, le due brigate di cavalleria degli austriaci, gli otto squadroni della Pulz ed i sette della Buyanovics, s’erano inoltrate presso Sommacampagna e Villafranca.

Scoperto il grosso corpo d’artiglieria italiana, il colonnello Buyanovics riparò dietro un grosso caseggiato chiamato l’Accademia, quattro chilometri dagli italiani che cannoneggiarono uno squadrone inviato a fiancheggiare la colonna. Erano da poco passate le 7 del mattino. Pulz, che marciava a circa due chilometri, sulla destra di Buyanovics, sentiti i cannoni, puntò il fianco sinistro italiano. Qualcosa però andò storto: il 13° ulani, condotto dal colonnello Rodakowksi ad un passo troppo sostenuto, si ritrovò solo, sotto il fuoco italiano. Lanciato allora alla carica, si precipitò sulle nostre linee. Vi si parò davanti il Principe Umberto col suo seguito, entrando nel quadro del battaglione in prima linea, il 4° del 49° fanteria, comandato dal maggiore Ulbrich.

Riporta la relazione ufficiale: “A carriera furiosa, a frotte informi tramezzo al folto dei campi gli ulani di Rodakowski piombarono sulla sinistra della divisione. Furono ricevuti con fuoco fitto di fucilate e mitraglia. Oltrepassarono i gruppi del 3° e del 49°, attorniarono il 4° del 50° (maggiore De Bernardi), giunsero sulla strada maestra, ne saltarono i due fossi, penetrarono tra le linee, tra i quadri, fino alla ferrovia, alcuni fin dentro Villafranca. Avviluppati da quell’onda di cavalli correnti in ogni senso, i due quarti battaglioni fecero fuoco vivissimo e micidiale; i cavalli spaventati li scansavano… Per lasciar libero il campo al fuoco dei due quarti battaglioni e dell’artiglieria, il nucleo del 3° del 49° (tenente colonnello Barbavara) retrocesse su Villafranca; la sua 10° compagnia si accostò al 4° del 49° e la 9° si portò a destra fino alla ferrovia, poi dietro al 4° del 49°. Il 2° del 49° (maggiore Parodi), assalito di fianco mentre marciava in colonna in ritirata, si ruppe in più parti, ma fece pagar cara agli assalitori la loro audacia. Il 1° e il 2° del 50° assaliti da tergo presso l’angolo orientale di Villafranca volsero il fronte indietro e respinsero l’assalto. In mezzo a quel trambusto, trovandosi dinanzi l’argine della ferrovia, gli ulani volsero i cavalli, ripassarono sotto il fuoco dei quadrati, rivarcarono la strada, e si allontanarono a carriera distesa nella direzione donde erano venuti…”.

Il nemico lasciò molti caduti sul campo, mentre veniva controcaricato dai Cavalleggeri d’Alessandria che si guadagnò la medaglia d’argento. La resistenza del 4° battaglione del 49°, entusiasmata dall’esempio del principe ereditario, fu impavida. Nino Bixio si complimentò con Umberto. Gli austriaci, consapevoli di quanto poteva valere far prigioniero l’erede al trono prigioniero, s’erano accaniti in un attacco violento e lui non era scappato. Il Principe stesso così ne riferì nel suo rapporto: “L’urto fu così improvviso, che appena ebbi il tempo di entrare con parte del mio stato maggiore nel quadrato formato dal 4° battaglione del 49° fanteria. Questo battaglione resistette con mirabile fermezza all’urto nemico malgrado l’ardire dei cavalieri avversari, alcuni dei quali vennero a spirare sulle nostre baionette, con ben dirette scariche di moschetteria respinse i nemici, coprendo il terreno dei loro morti e feriti”.

 

 

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

Bibliografia: G. Del Bono, La divisione Principe Umberto a Villafranca

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