La Battaglia di Pavia

La battaglia di Pavia fu combattuta il 24 febbraio 1525 tra l’esercito francese e le truppe dell’imperatore Carlo V. Le mire francesi sul Ducato di Milano finirono tragicamente con la cattura di re Francesco I.

Quando Francesco di Valois salì al trono di Francia aveva solo ventuno anni, l’ardore della giovinezza ed un brillante entusiasmo cavalleresco. Tentò di recuperare da subito il Ducato di Milano, su cui aveva qualche diritto come discendente di Valentina Visconti, e, pur di procurarsi le risorse per dar guerra, arrivò a vendere cariche e impieghi a corte. Fece poi una nuova alleanza coi veneziani, si assicurò diecimila guasconi, un incredibile numero di picche e, non pago, assoldò diecimila lanzichenecchi. I capitani più famosi del suo tempo composero i suoi consigli di guerra: Odet de Foix e Gian Giacomo Trivulzio, Jacques de La Palice e Pierre Terrail de Bayard, Robert Stuart d’Aubigny e Anne de Montmorency, Louis de la Trémoille e il connestabile Carlo III di Borbone-Montpensier… Il vero nerbo della sua armata dovevano però essere i cannoni ed alla loro realizzazione destinò ogni fucina di Francia. Pronto a comparire sui campi di battaglia, consegnò il governo alla reggenza di sua madre, Luisa di Savoia, la duchessa vedova di Angouleme.

Valicò le Alpi al centro del suo esercito, il Borbone in avanscoperta, Carlo di Valois, duca d’Alencon, nelle retrovie. Ottantamila uomini non trovarono resistenza e Francesco I fece il suo solenne ingresso a Milano l’11 ottobre 1515. Il dado era tratto, la sovranità di un feudo imperiale era stata usurpata. Carlo V, insabbiatosi nelle faccende germaniche, chiamò a sé papa Leone X, il marchese di Mantova e i fiorentini e Milano, il 19 novembre 1521, dopo la sanguinosa Battaglia della Bicocca, fu recuperata.
Ci volle poco e Francesco I riorganizzò il suo esercito e lo pose al comando di Guillaume de Bonnivet, il protetto di Luisa di Savoia, che privò pure il figlio di uno dei suoi capitani più coraggiosi ed esperti, Carlo III di Borbone-Montpensier. Questi era divenuto, alla morte di sua moglie Susanna di Borbone, l’uomo più ricco di Francia e, per tale ragione aveva attirato le invidie della madre del re che ordinò il sequestro di buona parte dei feudi da lui ereditati. Il connestabile, vedendosi disonorato, con i suoi beni confiscati e trattato da fuorilegge, offrì i suoi servigi a Carlo V. Quando Francesco I, a capo dell’esercito, giunse a Moulins e richiese il servizio alle armi del Borbone, questi si finse malato. Il re ne fu insospettito e volle vederlo, serbando per lui parole di stima. La faccenda sembrò chiusa, ma pochi giorni dopo furono intercettate alcun lettere che rivelavano il tradimento di Carlo III di Borbone-Montpensier, che a quel punto era già fuggito nella Franca Contea con l’incarico imperiale di affiancare Fernando d’Avalos, Marchese di Pescara, in operazioni militari diversive per alleggerire la pressione di Francesco I sul Milanesato. I due generali eseguirono la volontà dell’imperatore occupando Marsiglia.

 

I francesi avevano ripreso la Lombardia nell’ottobre del 1524. Qui solo Pavia restava ancora nelle mani spagnole, difesa da Antonio de Leyva, veterano della guerra di Granada e viceré di Napoli, al comando di circa 6000 uomini. L’assedio iniziò il 27 ottobre 1524. Sebbene la città non fosse preparata per restitere a lungo, riuscì nell’impresa respingendo gli assalti francesi durante tutto l’inverno, grazie alle sagge disposizioni dell’esperto Leyva. Durante l’assedio, gli uomini del re di Francia, irritati per l’incapacità di prendere la piazza, occuparono e saccheggiarono i numerosi monasteri e borghi della zona. Mentre attendevano la capitolazione, i francesi ricevettero notizie di un esercito che scendeva dalla Germania per sostenere la piazza assediata. Erano i quindicimila lanzichenecchi di George de Frundsberg. Ma a gennaio arrivarono anche il Borbone ed il Marchese dei Pescara.

Fernando d’Avalos riuscì ad occupare l’avamposto francese di Sant’Angelo, tagliando le linee di comunicazione tra Pavia e Milano. I francesi tennero invece una tattica attendista, sapevano che molte delle truppe ingaggiate da Carlo V da tempo non ricevevano le paghe, sapevano pure che Pavia mancava di viveri e confidavano nel malumore per una improvvisa capitolazione della guarnigione. Leyva fu felice dei soccorsi, ma si rese conto che la campagna si sarebbe risolta solo con una battaglia decisiva. Scelse allora un giorno preciso per uscire dalla città, il 24 febbraio 1525, l’anniversario della nascita dell’imperatore. In un discorso usò la fame dei suoi uomini facendo loro capire che avrebbero trovato tutto ciò che desideravano nel campo nemico e così, nella notte, uscì dalle mura. I picchieri affiancati dalla cavalleria di Charles de Lannoy riuscirono ad aprire falle nei ranghi francesi. Le fanterie e i lanzichenecchi avanzarono a protezione degli archibugieri. In questo modo, la cavalleria francese fu neutralizzata, prima ancora di entrare in contatto col nemico. Francesco I allora ordinò un attacco generale. Lanciò cariche di cavalleria e fece sparare i suoi cannoni. Nel frattempo il Marchese di Pescara raggiunse il castello di Mirabello e sorprese i francesi ancora assonnati, massacrandoli…

Il re di Francia appariva su un bellissimo cavallo pezzato, con un abito di broccato e velluto viola, ricamato d’argento, oro e seta. Aveva un cappello con due piume, una gialla ed una bianca. Si era vestito così, sicuro che la vittoria sarebbe stata sua, che l’intera Italia sarebbe divenuta di sua proprietà. Le cose non andarono come immaginava.

La battaglia fu cruenta. Il primo e impetuoso attacco fu francese ed il preciso fuoco dei cannoni causarono disordine e sconforto sugli imperiali. I soldati di Leyva combatterono disperatamente in mezzo a polvere e boati delle artiglierie, impegnandosi in una furibonda mischia. Francesco, con il fiore dei suoi comandanti, volle spezzare quel groviglio di corpi, travolgere le resistenze spagnole, ma fu in quel momento che vide comparire il Marchese di Pescara, Charles de Lannoy ed il Borbone. L’impatto con gli imperiali lasciò esanimi Bonnivent e La Palisse, molti altri illustri cavalieri caddero trafitti e colpiti a morte. Fu vano il tentativo di soccorso dei quindicimila svizzeri, falcidiati dagli archibugieri spagnoli. Accortosi della disfatta, Francesco stava per fuggire. Avrebbe forse voluto raggiungere le rive della Vernavola ed attraversarne il ponte quando il suo cavallo cadde gravemente ferito da un colpo e prima che potesse liberarsi dell’animale si ritrovò catturato degli imperiali. Finì prigioniero di Carlo V.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Konstam, Pavia 1525, F. Hackett, Francesco I

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Un pensiero su “La Battaglia di Pavia

  • 13 Aprile 2020 in 17:30
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    Forse due righe sulla battaglia di Marignano non guastavano…

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