La Prima Guerra Illirica

Il fenomeno della pirateria nel Mediterraneo è antichissimo ed anche Roma dovette misurarsi con esso a partire da quella che fu la Prima Guerra Illirica.

L’Adriatico, in particolare, vide prosperare a lungo i suoi pirati. Queste acque erano un passaggio obbligato per le ricche rotti mercantili verso l’Oriente, e, come se non bastasse, la speciale morfologia del territorio, fatta di isole e stretti canali, favorì notevolmente i pirati.

La questione fu al centro del conflitto che si aprì con gli illiri narratoci da Polibio.

I pirati illirici rappresentavano un bel grattacapo per il commercio romano, saccheggiavano le navi partite dai porti pugliesi, da Brindisi anzitutto, ed il Senato volle parlarne con la regina Teuta, moglie del re Agrone, entrambi appartenenti alla tribù degli Ardiaei. Agli ambasciatori, la regina parve proteggere i pirati: “Quando ebbero terminato la relazione, disse che avrebbe fatto di tutto per impedire che pubblicamente gli Illiri recassero ingiuria ai romani, ma che non era in potere dei sovrani degli Illiri proibire che privatamente i loro sudditi si arricchissero esercitando la pirateria” (Polibio, 2, 8, 8).

La risposta romana fu dura: “O teuta, è nobile abitudine perseguire pubblicamente gli oltraggi fatti in privato e difendere chi subisca ingiustizie: con l’aiuto degli dei, tenteremo di costringerti a migliorare presto e radicalmente le norme dei re d’Illiria verso i loro sudditi” (Polibio, 2, 8, 10).

Teuta allora fece uccidere il giovane ambasciatore al momento dell’imbarco e quando la notizia giunse a Roma, il Senato votò immediatamente quella che passò alla storia come “Prima guerra illirica” (rinnovatasi poi in una seconda guerra nel 219 a.C.).

Teuta, chiamata dal suo popolo Teuteja Madhe, ovvero Teuta la Grande, alla morte del marito aveva accentrato tutto il potere nelle sue mani e disponeva di una potente flotta che percorreva razziando tutte le coste dell’Adriatico.
Roma era interessata non soltanto ai commerci nel Tirreno, ma anche a quelli col mondo greco per questo si impegnò in un rapido conflitto per soggiogare i pirati della costa balcanica. I romani ebbero come base delle operazioni Corfù, controllata da Demetrio di Faro, e le truppe, circa ventimila fanti e duemila cavallieri, salparono da Brindisi.

Da Brindisi le navi romane volserò verso Corfù, l’Albania, il Montenegro e la città pugliese assunse la sua funzione di centro d’irradiazione dell’egemonia romana in Oriente, punto di partenza per il dominio d’oltremare. La Puglia trovò in questa guerra la sua vocazione di snodo tra l’Italia, l’Europa Orientale ed il Mar Egeo.

Le navi illiriche erano brave nella pirateria ma incapaci di sostenere un regolare combattimento ed in breve la flotta romana ebbe la meglio. La mobilitazione costrinse gli illiri alla fuga mentre i romani avanzavano verso la capitale Shkodra, l’attuale Scutari in Albania, accogliendo sotto la loro protezione Epidamno, gli Ardiei, i Partini, gli Atintani e gli Issei. Teuta dovette fuggire, rifugiandosi con pochi fedelissimi a Rizone nelle Bocche di Cattaro, ed alla fine della guerra si tolse la vita ritenendo troppo umilianti le condizioni imposte dai romani.

In seguito Roma tollerò le scorribande dei pirati nell’Adriatico, nello Ionio e nell’Egeo fino circa all’anno 100 a.C., quando i mercanti costrinsero il Senato a difendere i rifornimenti alimentari dell’Italia intera. Il problema però non venne risolto, sia perché la flotta romana era esigua sia perché si preferiva contrastare la minaccia sulla terraferma. Così attorno al 70 a.C. i pirati intensificarono le loro scorrerie sul litorale italiano, giungendo perfino a controllare molte strade costiere. Fu allora promulgata la Lex Gabinia (67 a.C.), che attribuiva al generale Pompeo Magno pieni poteri per tre anni al fine di debellare definitivamente i pirati.

La vittoria di Pompeo risolse il problema per circa tre secoli, anche perché Augusto ed i suoi successori favorirono la sicurezza sui mari con l’istituzione di flotte provinciali permanenti.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Foto gentilmente concessa da Alfredo Scardone del Gruppo Storico Oplontino

 

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