L’origine del nome di Ischia

L’origine del nome dell’isola di Ischia è un vero rompicapo.

Per i greci fu Pitecusa, per i latini fu Aenaria, ma l’isola è a noi nota col nome di “Ischia”. Stupisce tutto ciò eppure il toponimo odierno trova le sue origini solo nell’812 in una lettera inviata da Papa Leone III a Carlo Magno in cui il pontefice denunciava le condizioni di saccheggio e di abbandono in cui versava l’isola a seguito di un violento attacco dei Saraceni: in questo documento Ischia è chiamata “Iscla majore“.

Gli ellenici vi videro il luogo in cui i Cercopi furono trasformati da Zeus in scimmie, “pithekos”, secondo una tradizione attribuita all’alessandrino Xenagora e riproposta da Ovidio, avallata dalla presenza di questi animali sull’isola, o forse ne esaltarono la locale produzione di ceramiche, “pythos”, come ci dice Plinio il Vecchio. I latini invece conobbero dell’isola le fiorenti attività metallurgiche e la chiamarono Aenaria da “aenus”, metallo. Da dove deriva allora il toponimo usato da Leone III?

Tralasciamo il fatto che Livio (Urbe condita, VIII, 22, 5-6) parla di “isole di Aenaria e Pithekoussai” come se fossero due luoghi distinti; tralasciamo anche il toponimo “Inarime” usato da Virgilio (Eneide, IX, 717); se l’aggettivo di “majore” indica con evidenza le dimensioni di più grande isola del Golfo di Napoli, “Iscla” crea qualche problema di decifrazione. Giuseppe D’Ascia, in “Storia dell’Isola d’Ischia” del 1868, già si inoltrava nel contorto problema senza però trovarne soluzione:

“Vuolsi che fosse chiamata Iscla sotto i sovrani angioini dal vocabolo francese Iscl – da cui fu corrottamente tratto Isla poi Isca ed infine Ischia – Così asserì il Mazzocchi.
Ma altri prima di lui accennarono che il nome d’Iscla o Ischia veniva da ixion – Ischion – osso più robusto del corpo umano, avente la figura di questo, che sta proprio sul cosciale.
Tale asserzione venne sostenuta da Hermolao in Plinio, e dal Giovio – quindi da coxis coxendix – lumbus – ne fecero derivare il nome.
Francesco de Petris ne trasse un’etimologia più strana, dicendo che Ischia trasse il nome da Coxa cognome della famiglia Cossa che nell’isola ebbe distinto potere.
L’opinione del Mazzocchi vacilla quante volte si ritiene che il nome d’Isca o Ischia fpsse esistito prima dell’occupazione angionia.
Del pari non sta quella del d’Aloysio espressa nella sua opera dell’Inferno istruito, colla quale dice il nome d’Ischia essere nato dopo l’erezione del Castello, costruito dai soldati di Gerone tiranno di Siracura, il quale fu detto Ischion da forte – Allora quel Castello ebbe il nome di Girone o Gironda e non d’Ischion quindi non sta l’opinione del detto scrittore isolano.
Vi furono prima del Mazzocchi e del d’Aloysio altri che il nome d’Ischia fecero derivare da ioxas fico e ciò dissero per l’abbondanza di tali piante.
Altri da Ischys o Ixion che in greco vuol dire il forte il potente, derivante dall’Ish degli orientali che dinota un uomo forte e robusto.
Con tal nome dice il de Siano venia chiamato il figlio di Giove, padre dei centauri, dio dell’aratro, e quest’isola, per fortezza di sito ed ubertà di suolo, presa d’Isca il nome.
Lo Ziccardi fè crollare tutte queste congetture, e disse, che Ischia derivava da Ischi che significa Apollo padre di Esculapio, potente debellatore de’ mali, mercè le acque salutifere di quest’isola – Esso fu preso a protettore dell’isola a cui fu dato il nome d’Ischi corrotto in Ischia.
L’opinione più accettata si fu che l’isola ebbe il suo nome da Ischys-robur-forza, per la sua fortezza o castello detto Ischyon-forte.
Il Padre Fazzolla nella sua storia della Sicilia, il Volaterrano ed altri si sono appigliati a questa opinione, rigettando le tante altre, stimate arbitrarie e gratuite, sol perchè forte ed invincibile il castello al tempo di questi eruditi scrittori era riguardato.
L’isola verso il secolo VII fu chiamata col nome d’Iscla; anzi si vuole che ai tempi di S. Gregorio – il quale visse verso il 581 – così appellavasi – E Papa Leone III, che fiorì al principio del IX secolo – dal 795 all’816 – così la chiamava ancora nei suoi editti… Noi, ritenendo per più accettabile l’opinione che il nome d’Ischia derivi dalla fortezza del luogo al tempo che tal nome ricevette, poniamo termine a questa Introduzione, per non stancare più oltre la pazienza dei benevoli lettori”.

Altri hanno evidenziato un presunto legame con la radice germanica “iskaz” per trovare le origini del toponimo nell’insediamento longobardo in Italia. “Iskaz” però appare legata al tardo latino “iscus” evocato da Giuseppe D’Ascia. Probabilmente il lessema di epoca classica “insula” si trasformò in “iscla” attraverso le forme “insula – isla – iscla” con epentesi di “C“. Così Leone III nella sua lettera scrive (Bartolomeo Capasso, Monumenta ad Neapolitani ducatus historiam pertinentia):

“All’augusto Carlo, signore piissimo e serenissimo, vincitore e trionfatore, figlio diletto di Dio e del nostro signore Gesù Cristo, Leone vescovo servo dei servi di Dio. Sappiamo dunque che la vostra imperiale potenza da Dio protetta sempre si è dimostrata sollecita e garante dell’integrità, esaltazione e difesa della madre romana chiesa e dei suoi confini. E rendiamo noto alla vostra serenità ciò che da poco abbiamo appreso e di cui siamo da parte nostra certi.
(…) Gli stessi nefandissimi Mauri hanno fatto irruzione nell’isola detta Lampadusa… Poi ci è stato ancora comunicato che quaranta navi degli stessi Mauri giunsero nell’isola chiamata Ponza, dove risiedevano i monaci, e la depredarono. Ripartiti di qui approdarono nell’isola detta Iscla maior, non lontana da Napoli più di 30 miglia, dove trovarono non poche famiglie e sostanze dei Napoletani; e vi restarono dal 18 al 21 agosto; mai i Napoletani vennero in soccorso. Ne ripartirono dopo aver saccheggiato tutta l’isola, colmando le loro navi di uomini e di vettovaglie. I Gaetani che dopo questa desolazione raggiunsero l’isola, dissero di aver trovato giacenti uomini uccisi, sparsi qua e là grano e cose che gli stessi Mauri non avevano potuto imbarcare; vi avevano lasciato inoltre uccisi dei cavalli moreschi che avevano portato con sé dalle loro navi”.

Indubbiamente però l’esistenza di una “Iscla majore” fa presupporre quello di una “Iscla minore”, probabilmente Procida, di cui non si ha traccia negli odierni toponimi. Un’altra ipotesi si è fatta poi largo tra gli studiosi: e se Ischia fosse la Scheria omerica, patria dei Feaci?

Il mistero resta irrisolto.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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