Firenze contro Siena

La più pericolosa nemica di Firenze fu Siena. Le due città furono il teatro dell’ascesa della borghesia toscana, crebbero e prosperarono di fiorenti attività manifatturiere, commerciali e finanziarie, l’una aiutata dall’Arno si proiettava al mare e all’Appennino, l’altra si avvantaggiava dei traffici lungo la Via Francigena. Entrambe così maturarono rispettive egemonie territoriali che in breve tempo portarono ad un antagonismo politico.

All’epoca di Federico Barbarossa, Firenze si confermò guelfa contro la Siena ghibellina che si era vista riconosciuta dall’Imperatore la propria sovranità comunale sui territori della marca toscana (1186). La rivalità si tradusse sui campi di battaglia nella giornata di Montaperti (1260) quando la vittoria senese segnò l’apogeo dei ghibellini in Toscana. Nove anni dopo però, a Colle Val d’Elsa, iniziava il declino dei filoimperiali e dunque la primavera di Firenze.

Colle Val d’Elsa era in territorio senese un pungolo in mano a Firenze. Provenzano Salvani guidò un esercito di 1400 cavalieri e 8000 fanti per sottrarla al nemico. Credette di poter aver facile ragione della debole milizia cittadina al comando di Giambertoldo, Vicario di Carlo d’Angiò, ma Firenze si precipitò coi rinforzi. Per evitare d’essere stretti in una tenaglia, i senesi indietreggiarono e Giambertoldo approfittò per lanciare l’assalto della cavalleria sulla loro retroguardia. A fine giornata la testa di Salvani appariva sulle mura di Colle Val d’Elsa.

Siena, pur restando una città ricca, ridimensionò di molto le sue aspetattive, perdendo prestigio sulla scena internazionale ed avviandosi al completo tracollo del 1555 con la Guerra di Siena.

Firenze era saldamente nelle mani dei Medici che, discesi dal Mugello al principio del XIII secolo, figuravano ora tra le principali famiglie cittadine grazie all’attiità di mercante e banchiere avviata col capostipite Cosimo il Vecchio. Da lui nacque Piero, padre di Lorenzo il Magnifico, ago della bilancia della politica nell’intera penisola, mentre un altro Lorenzo, fratello minore di Cosimo, diede origine al secondo ramo della famiglia da cui discesero Giovanni delle Bande Nere ed il primo Granduca di Toscana: Cosimo I.

Le lotte intestine si scatenarono nel contesto senese soprattutto dopo il fallimento del Banco dei Buonsignori. A Siena, l’antica famiglia d’origini longobarde dei Piccolomini non ebbe mai pari importanza. Diede alla Chiesa due papi, Enea Silvio, ovvero Pio II, e Francesco, ovvero Pio III, sia pure per soli 26 giorni. La famiglia contò pure grandi illustri protagonisti, l’astronomo Alessandro Piccolomini, il condottiero di Carlo V, Alfonso Piccolomini, pure capitano del popolo a Siena, nonchè Ottavio Piccolomini, Duca d’Amalfi, a capo della cavalleria imperiale nella Guerra dei Trent’Anni.

La differenza principale tra le due città s’incarnò nell’organizzazione sociale. Firenze si divise in corporazioni di arti e mestieri, Siena si divise in contrade. In tal modo la prima mostrò di seguire le spinte economiche, la seconda si strinse al solido riferimento del territorio urbano. Le arti, infatti, proteggevano i loro membri dalla concorrenza delle altre città, garantivano la qualità della merce e dei lavori e le supportavano oltre i confini fiorentini. Le contrade invece avevano compiti amministrativi e di ordine pubblico.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

 

 

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