Girolamo Savonarola, la teocrazia e le invettive contro il papato

Nato a Ferrara nel 1452, indirizzato dalla famiglia verso gli studi di medicina, Girolamo Savonarola, disubbidendo, entra nell’Ordine domenicano a Bologna nel 1475.

Giunge a Firenze nel 1482, dove cominciò a tenere una serie di predicazioni tracciando dei parallelismi tra le situazioni descritte nella Bibbia e il tempo in cui vivevano, tra tutte spiccava la tesi che la Chiesa dovesse essere rinnovata ma che prima di ciò dovesse essere punita e purificata. Andò via da Firenze nel 1487, recandosi dapprima a Ferrara, poi a Brescia e a Genova, per poi fare ritorno nella città fiorentina nel 1490.

Tornato, la sua predica si fece più veemente, convinto che la fine dei tempi fosse vicina invitava l’umanità a pentirsi e a purificarsi dal peccato, di giorno in giorno gli attacchi al governo mediceo e al papato si facevano sempre più duri e aspri. Con la cacciata della famiglia Medici s’instaurò a Firenze una repubblica teocratica, potremmo dire, che fece passare la splendida città, simbolo del rinascimento, da fucina culturale mondiale a baluardo della medievalità.

Celebri sono i “bruciamenti di vanità” ovvero dei roghi sparsi per la città in cui i fiorentini potevano e dovevano dare alle fiamme, purificandosi, tutto ciò che fosse simbolo di peccato, corruzione e mondanità. Dal 1494, anno della discesa di Carlo VIII in Italia, la sua predica contro il papato del Borgia si fece feroce paragonandolo all’anticristo.

Alessandro VI, in un primo momento, tentò di mettere a tacere il monaco, invitandolo dapprima a Roma per spiegare e mostrare le sue abilità profetiche , ma il Savonarola declinò l’invito; il papa, a detta di alcuni storici, gli offrì persino il copricapo capo cardinalizio, ma neppure queste fece placare la predica del monaco ferrarese. L’unica cosa, che al Borgia restava da fare, era farlo tacere per sempre, onde evitare dissesti al suo papato e alla solidità di Santa Romana Chiesa, per tal ragione fu sottoposto a giudizio.

Papa Alessandro, con un breve del 7 novembre 1496, eliminò la Congregazione di San Marco e la carica di vicario generale del Savonarola e un anno più tardi ne sancì la scomunica. A questo punto il Savonarola non era più nulla all’interno della comunità ecclesiastica, ma egli infischiandosene continuò la sua predica in maniera sempre più ardita.

La situazione precipitò nel 1498, quando la stessa Signoria fiorentina, per timore di un interdetto che colpisse l’intera città, gli proibì di predicare in pubblico. Neanche dinanzi a ciò il frate si arrestò, imperterrito proseguì nella sua opera, anzi progettò la creazione di un concilio con l’intento di deporre papa Alessandro VI, questa fu la classica goccia che fece traboccare il vaso.

Il frate isolato da tutti umanamente, legalmente e spiritualmente restò solo, fu facile per i suoi nemici condannarlo al rogo, il quale venne acceso il 23 di maggio del 1498 in Piazza della Signoria a Firenze.

 

Autore articolo: Davide Alessandra

Davide Alessandra, laureando in giurisprudenza e studente di archivistica, paleografia e diplomatica presso la scuola dell’Archivio di Stato di Palermo.

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