Il Battistero Paleocristiano di Nocera Superiore
Si leva tra le più moderne costruzioni di Nocera Superiore un pregevole edificio, probabilmente adiacente ad una scomparsa cattedrale. E’ il Battistero Paleocristiano di Santa Maria Maggiore, detto anche “La Rotonda”. Lo si raggiunge seguendo Via Mercato, in un percorso lungo il Parco Archeologico di Nocera, altra meraviglia dell’antica cittadina romana con le sue rovine romane, e si avvista la singolare opera con ampia cupola.
Il monumento paleocristiano, il cui piano si trova a tre metri e mezzo sotto la strada attuale, sorse nel sesto secolo in un Mezzogiorno bizantino. L’interno, marcato da un deambulatorio perimetrale con volta a botte, è un selva di membra di spoglio, dalle basi ioniche ai capitelli corinzi, fino ai fusti di cipollino di travertino di granito, che disegnano un primo maestoso cerchio di colonne binate e un anello iscritto di colonne singole a contornare la vasca ottagonale. Prelevate da strutture diverse, queste colonne sono ineguali. Quattro dei capitelli, sopra il primo giro della foglia grassa, mostrano coppie di delfini. La vasca invece, rivestita di marmi, è tonda all’interno ed è talmente spaziosa, coi suoi circa sette metri di diametro, da essere, dopo il Laterano, la più grande d’Italia. Fu utilizzata per immersione dei catecumeni, così intorno vi appaiono degli incantevoli affreschi a tema religioso ed il Mommsen vi trovò la lastra tombale del vescovo Onorio (sebbene non risulti alcun ecclesiastico di Nocera con tal nome).
Tutti gli affreschi presenti all’interno della struttura risalgono ai secoli XIV e XV. Particolarmente interessante è una cappellina che ha dipinta la Vergine seduta con il Bambino sulle ginocchia. Il popolo la chiama “La Valle Regina” e tale misterioso nome può forse derivare dalla Madonna titolare dell’Abazia di Realvalle, eretta nella contrada di San Pietro di Scafati da Carlo d’Angiò. A sinistra della Vergine appare una figura femminile con un vaso tra le mani, forse si tratta della Maddalena.
Come è giunto fino a noi questo monumento? A quanto pare, quando Ruggero II distrusse nel 1137 l’antica città, sua moglie Elvira di Castiglia (più probabilmente Sibilla, sua seconda moglie, sorella del Duca di Borgogna perché Elvira morì nel 1135) lo pregò di escludere il tempio dalla distruzione. Quando l’ordine arrivò, le fiamme lo avevano in gran parte avvolto, quel che vediamo è quanto si dovette salvare. I pericoli però non cessarono.
“Questo tempio fu edificato dai Cristiani nei secoli barbari e bassi con le spoglie di altre fabbriche… fatte nei secoli culti”, così recita la relazione del 1758 d’un sopralluogo tecnico compiuto con l’idea di trasportare le colonne a Caserta dove si costruiva la reggia. Una insania che avrebbe dovuto coinvolgere anche Paestum per l’edificio di Capodimonte, ma che poi per fortuna non ebbe seguito. Così “La Rotonda” scampò ancora alla distruzione.
Si hanno oltretutto notizie certe di altri problemi. A quanto pare lungo tutto il Settecento e l’Ottocento, la struttura fu spesso inondata da acque sorgive. Specialmente grave fu l’allagamento che, iniziato nell’anno 1800, durò più di dodici mesi tanto da necessitare dell’intervento di ingegneri venuti da Napoli per l’apertura di canali di smaltimento delle acque. Infine l’originaria cupola fu sfondata dalle ceneri del Vesuvio con l’eruzione del 1944, eppure i danni furono limitati.
Se la Provvidenza ha voluto consegnarlo ai nostri tempi perché non approfittarne per visitarlo?
Autore articolo: Angelo D’Ambra