Il viceré Raimondo de Cardona

Il 24 ottobre del 1509, il catalano Raimondo de Cardona assunse la carica di viceré del Regno di Napoli, dopo aver già ricoperto quella di viceré nel vicino Regno di Sicilia. Aveva militato nelle schiere del Gran Capitano e combattuto contro i barbareschi a Mers-el-Kebir, così anche da viceré continuò a calcare i campi di battaglia in nome di Ferdinando il Cattolico. Come generale della Lega Santa, coordinò le truppe ispano-napoletane e pontificie contro la Francia di re Luigi XII, subendo l’onta della sconfitta a Ravenna, battaglia in cui morì il suo nemico numero uno, Gastone di Foix, m riuscì poi a rifarsi occupando Milano e impadronendosi di Prato.

Il suo arrivo fu salutato da nobili e poeti e ci è rimasto un sonetto a lui dedicato da Benedetto Gareth, il Cariteo: “Penetrar non presumo i regii chiostri, / né di favor desio vivere altero: / ché da le Muse accompagnato Homero / in pregio non sarebbe a i tempi nostri! / L’affetto mio sol mando in questi inchiostri, / che dïuturni fien, sì come io spero, / a ciò che l’altra etade haggia per vero, / che voi m’haveste in numero di vostri. / Felice e fausto sia lo vostro advento, / prospero e lieto sempre, o gran Raymondo, / de l’honor di Cardona insigne augmento: / discreto, human, gentil, grave e giocondo, / per reger nato, e per tener contento / Napol non sol, ma l’universo mondo”.

Grande condottiero, il Cardona fu pure un grande amante, protagonista di tresche e corteggamenti scandalosi, ben capace di scalzare ambiziosi rivali come Matteo Lang, vescovo di Gurk e rappresentante imperiale a Milano. Su tutte è passata alla storia la sua relazione con Eleonora la Brognina, damigella della marchesa di Mantova, Isabella d’Este, intessuta mentre sua moglie, Isabella de Requesens, era a Napoli, in stato interessante. Eppure l’Isabella immortalata da Raffaello nella tela conservata al Louvre, e spesso erroneamente presentata come Giovanna d’Aragona, non era sgradevole, né d’aspetto, né di modi e cultura…

Nel 1513, mentre i veneziani con la disinvoltura che li contraddistingueva erano tornati alleati dei francesi, assedò Padova, si spinse fino a Mestre e fece temere il sacco alla stessa Venezia, raggiunta dai colpi delle sue artiglierie. Il 7 ottobre del 1513, nella Battaglia della Motta, presso Vicenza, batté le truppe di Bartolomeo Alviano, uscite a tendergli un agguato, e finite invece travolte in una delle sconfitte più pesanti patite dalla Repubblica di San Marco.

Qualche interrogativo resta sui natali di questo viceré. Per certo si afferma che nacque da Antonio de Cardona e Castellana de Requenses, ma non sono mancati studiosi che hanno alimentato il sospetto che in realtà fosse un figlio naturale dello stesso re Ferdinando II d’Aragona.

Resta in ombra la sua attività politica, contraddistinta da una prammatica contro gli ebrei, elusa da buona parte di essi solo grazie al pagamento di un tributo. Durante le sue assenze per ragioni militari si affidò a due luogotenenti: Francesco Remolines, arcivescovo di Sorrento e cardinale dei SS. Giovanni e Paolo, dal 1511 al 3 maggio 1512 e dal 27 maggio 1512 al 23 febbraio 1513, e Bernardo Villamarino, conte di Capaccio e grande ammiraglio del regno, suo cognato, dal 23 febbraio 1513 fino al 13 novembre 1515. I due si interessarono eclusivamente allo stanziamento di fondi per il mantenimento delle truppe del Cardona.

Come viceré di Napoli dovette fronteggiare i tumulti popolari ostili all’introduzione nel regno dell’Inquisizione spagnola. A tal riguardo va chiarito che in città vi era già un tribunale dell’inquisizione, ma operava secondo i criteri della curia pontificia, quella spagnola si sarebbe invece mossa con diverse procedure, ben più severe, soprattutto per la vita e i beni dei nobili. Probabilmente il Cattolico voleva usare il tribunale per schiacciare i residui filo-francesi dell’aristocrazia regnicola, ma tutti i seggi di Napoli presentarono a Cardona un esplicito rifiuto del tribunale e questi li autorizzò ad inviare in Spagna un loro ambasciatore per esporre le loro ragioni al re. L’ambasciatore scelto fu Francesco Filomarino che però non ebbe risposte chiare dal sovrano. Certi indugi non valsero a quietare gli animi e il 23 settembre 1510 scoppiarono i primi disordini. Il mese dopo tutta la cittadinanza ed il clero, ad eccezione dei monaci di San Severino, Montoliveto e San Martino, recarono in processione il busto di San Gennaro dal Duomo all’Annunziata per mostrare al viceré l’opposizione unita di tutti i ceti all’introduzione dell’Inquisizione. Fu così che Ferdinando il Cattolico annullò i provvedimenti presi.

Il 10 marzo del 1522, Raimondo de Cardona moriva. Era stato aggregato ai seggi nobili di Nido e Porto ed era da tutti stimato per le sue virtù cavalleresche. Quattro anni prima aveva festeggiato con una grandiosa parata militare l’elezione al trono imperiale di Carlo V. Fu tumulato in uno splendido sepolcro a Bellpuig, sua città natale.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

 

Bibliografia: P. Giannone, Dell’istoria civile del regno di Napoli

 

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