La Repubblica di Ragusa ed il Sultano Mehmet II

La caduta di Costantinopoli, nel 1453, diffuse nell’Adriatico un profondo terrore e la minaccia di una espansione musulmana a scapito dei regni cristiani divenne un pericolo concreto anche per la Repubblica di Ragusa.

Essa si mostrò porto ospitale per le famiglie greche in fuga, accordò accoglienza a Lascari, Comneni, Cantacuznei nel loro esilio, diede rifugio a figure d’alta intellettualità come Andrea Giovanni Lascari, Demetrio Calcondilla, Emanuele Marulo, Paolo Tarcagnota. Soprattutto si munì di un imponente sistema difensivo con più profondi fossati e più alte mura.

Otto anni dopo Costantinopoli, i timori divennero realtà. Le armate di Maometto II marciarono nei Balcani e Ragusa entrò ufficialmente nelle mire della potenza musulmana. Una città così florida nei rapporti commerciali marittimi, che teneva nelle proprie mani una quota importante dei traffici in Adriatico, non poteva non attrarre il Sultano.

In Serbia, Lazar II Brancovich, figlio del despota Djuradj, tentò di salvare il suo regno pagando un tributo a Maometto II. Alla sua morte però, nel 1458, sua moglie Helena Palaiologina cedette il regno a Stjepan Tomašević, re di Bosnia, sposo di sua figlia Maria. L’anno dopo Maometto II occupò la Serbia ed Helena fuggì in Ungheria per poi raggiungere Venezia. Così la Serbia si ritrovò provincia ottomana.

Ragusa, minacciata d’assedio, visse giornate di panico. I ragusei, vedendo avvicinarsi il nemico, abbatterono alcuni borghi pensando così di non permettere il facile accampamento sul loro territorio, poi, incapaci di fronteggiare un esercito tanto potente, inviarono al nemico un’ambasceria che s’appellò alla protezione ottenuta dal Sultano Orcane nel 1358 in cambio di tributi, lasciando intendere che se Ragusa avesse accettato le pretese di Maometto II, che prometteva di lasciarla indipendente ma ridotta territorialmente a quanto racchiuso nelle sue mura, si sarebbe poi rivolta al re d’Ungheria. Alcuni invece attribuiscono ad un’apparizione di San Biagio la rinuncia di Maometto II all’attacco (C. Mariotti, Amore della Repubblica di Ragusa alla religione ed alla patria), fatto sta che il sultano levò l’assedio.

Il pericolò sembrò allontanarsi ma presto anche la Bosnia finì sotto il dominio di Maometto II. Ben 30.000 schiavi cristiani vennero condotti a Costantinopoli, migliaia furono quelli che preferirono morire piuttosto che abbandonare il cristianesimo mentre parte delle locali aristocrazie scelsero di sopravvivere abbracciando l’Islam. Gli slavi riuscirono a trovare riparo a Ragusa che edificò nuovi borghi a ridosso delle sue mura, avviando una pacifica fusione culturale con la popolazione latina. Fu poi la volta dell’Erzegovina e la Dalmazia finì totalmente in balia delle scorrerie musulmane. Pure il tentativo di Pio II, che inviò la sua flotta per fornire protezione ai cristiani, risultò vano.

La Repubblica di San Biagio allora riprese la sua fortificazione con continui e dispendiosi lavori il cui più evidente risultato fu Forte Revellino, chiamato pure Fortezza Pia perché finanziata anche dal Pontefice Pio II. Forte Revellino affiancò Forte San Lorenzo, eretto intorno al 1038 sotto la minaccia di una occupazione veneziana, a protezione del porto. Vi lavorò l’architetto bergamasco Antonio Ferramolino che vi dette le singolari forme triangolari.

Tra gli architetti e gli ingeneri italiani che lavorarono a Ragusa figura il fiorentino Michelozzo Michelozzi. Questi mise piede in una città già munita di un’ampia cinta turrita, purtroppo però insufficiente a resistere alla potenza delle contemporanee armi da fuoco in dotazione presso gli Ottomani. Michelozzi si preoccupò allora di progettare qualcosa che desse migliore protezione verso la terra ferma, lasciando il problema dell’ammodernamento del porto a Bernardino da Parma. Mirò a consolidare i punti strategici più importanti per la piccola repubblica, conservando le alte torri gotiche, mantenendone la merlatura e rinforzandone la struttura di base. Furono quindi erette altre due torri ai due vertici di ponente, la prima è la Bokar, a sud-ovest, la seconda di esse, al lato opposto, è detta la Minceta e coi suoi 25 metri, risultò la torre più alta della città. Michelozzi rinforzò anche la linea settentrionale delle mura erigendo antemurali e scarpature per la difesa delle torri dalle mine. Un antimuro fu costruito pure nella parte occidentale, da Porta Pile, l’ingresso principale alla città murata, sovrastato da una statua di San Biagio, fino al mare. Giorgio Orsini di Zara, poi, in qualità di “magister ingeniarus”, portò a termine parte dei lavori del suo predecessore, fece erigere la Torre di Santa Caterina, e ricostruì il Palazzo dei Rettori, danneggiato da una esplosione nel 1463.

La minaccia ottomana continuava ad essere pesantissima. Nel 1471, quando invece di cinquemila ducati, Ragusa ne versò solo tre, i turchi, prima finsero d’aver accettato il tributo, poi occuparono la contrada di Canale e la saccheggiarono, chiedendo infine non più cinquemila ducati, ma ottomila. Tre anni dopo i turchi minacciarono di fare lo stesso con Scutari ma furono respinti dai ragusei, così però il tributo salì a diecimila ducati. I contributi continuarono a salire a discrezione del sultano. Nel giro di trent’anni, tutto era cambiato per la Repubblica di San Biagio.

Alla morte di Maometto II, nel 1481, infatti, Ragusa risultava essere una città trasformata: aveva vissuto terremoti e peste e quindici torri difensive (dodici quadrate e tre tonde), ne avevano cambiato il volto architettonico. Questo incredibile sforzo costruttivo si misurò sempre con la gravosa esiguità delle risorse a bilancio, in larga parte orientate all’acquisto di bombarde, spingarde ed armi per la difesa individuale dalle feritoie. Ragusa non cambiò però solo urbanisticamente ma anche nei suoi caratteri politici. Puntò sulle arti e le manifatture; circondata da nemici ed incapace d’ampliare il suo territorio, ottenne il permesso da Roma di commerciare con i musulmani. Le sue navi uscirono quindi dall’Adriatico, spingendosi ad Oriente. Accolse gruppi di ebrei sefarditi espulsi dalla penisola iberica e sul finire del secolo i ragusei possedevano banche in Francia, Spagna e Inghilterra. Nel secolo successivo Ragusa si lanciò definitivamente nella navigazione oceanica, le sue caracche furono capaci di conquistare quote significative degli scambi tra il Mediterraneo e l’Inghilterra.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: A. Deanovic, Contributo di Michelozzo Michelozzi alla fortificazione di Ragusa; S. Skurla, Ragusa: cenni storici; AA.VV., Prospetto cronologico della storia della Damlazia; C. Yriarte, La Dalmazia; G. Luccari, Copioso ristretto de gli annali di Ragusa

 

 

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