Miniature angioine ed aragonesi

I grandi maestri della miniatura del Regno di Napoli erano in gran parte abruzzesi come Guglielmo di Berardo da Gessopalena, Berardo da Teramo, Muzio di Francesco di Cambio, Niccolò di Valle Castellana ed Agostino di Leonardo. Questo incompleto elenco dei più rinomati miniaturisti del periodo angioino rende bene l’idea delal floridezza della scuola miniaturistica del regno sebbene purtroppo poche opere, oltretutto sparse in giro per l’Europa come la Bibbia di Roberto d’Angiò realizzata da Cristoforo Orimina, siano rimaste.

Nella miniatura napoletana di questo periodo sono centrali i codici danteschi. La Biblioteca dei Girolamini ne conserva diversi e tra essi spicca il manoscritto CF 2 16, più noto come “codice filippino” dal nome della biblioteca. Di fatti la Biblioteca Oratoria dei Girolamini è anche detta dei Filippini, da San Filippo Neri, fondatore dell’ordine. Probabilmente si tratta della più antica Divina Commedia tra quelle che furono miniate a Napoli perchè la sua datazione sarebbe anteriore al 1323. E’ forse copia di un altro codice toscano eseguiti da scribi fiorentini giunti in quegli anni in città. Le miniature sono nate col testo e ciò ci fa presupporre un accordo tra amanuense e miniatore, mentre il commento è senza dubbio di un letterato napoletano purtroppo rimasto anonimo come l’autore stesso delle miniature, se non toscano, probabilmente di provenienza abruzzese.

Altri manoscritti danteschi miniati ed illustrati che si conservano a Napoli, non sembrano però opere di napoletani. Lo stesso codice col commento del figlio di Dante, Pietro Alighieri, giunse a Napoli solo con Carlo di Borbone in quanto faceva parte della biblioteca di Parma. In egual modo non sembrano opera di artisti napoletani i Capitoli di Jacopo Alighieri e di Bosone da Gubbio.

Del periodo aragonese sono le Tragedie di Seneca conservate alla Biblioteca Nazionale. Si tratta di miniature attribuite ad Antonio Solario, chiamato lo Zingaro, nato intorno a Civita d’Antino, in Abruzzo. Le figure sono vive, accompagnate da fregi, ornate da prospettive ed architetture.

Come per il periodo angioino, ben poche però sono le opere miniate che è ancora possibile ammirare a Napoli, per lo più i codici di quest’epoca sono conservati a Parigi, nella Biblioteca Nazionale, o in Inghilterra come la Divina Commedia di Alfonso d’Aragona.

Tra gli artisti si distinsero Giovanni Tedeschini, Gaspare Romano, forse padovano, Giovanni Celestino ed Angiolillo Arcuccio. Notevole fu anche l’apporo della scuola catalana. La Biblioteca di Alfonso d’Aragona, fulcro dell’Umanesimo rinascimentale napoletano, era piena dei loro lavori.

Ma miniature, artisticamente pregevoli, accompagnano soprattutto una larga pluralità di salteri, bibbie e cronache conservati nelle antiche badie del Sud Italia e poco note al grande pubblico.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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