Pio II e le pecore di L’Aquila

Enea Silvio Piccolomini fu papa tra il 1458 e il 1464 col nome di Pio II. Umanista e letterato quanto politico finissimo, fu al centro di un singolare episodio della storia de L’Aquila.

Papa Pio II, a quanto risulta dai Commetarij, avvisato dello sconfinamento delle pecore degli aquilani nei pascoli dello Stato Pontificio, volle incontrarli. A proprio discapito i pastori sostenevano che i loro animali erano liberi di muoversi su quei territori da sempre. Allora il Pontefice convocò gli Auditori di Rota, poi riunì i Cardinali in concistoro in presenza degli ambasciatori de L’Aquila.

Interrogati gli Auditori mossero accuse chiare che risalivano al patteggiamento della città per i francesi. Fu precisato che la città apparteneva al Regno di Napoli e non allo Stato Pontificio e che dunque non poteva godere del pascolo in quelle terre. Si ribadì che L’Aquila, schieratasi con Renato d’Angiò s’era di fatti opposta alla decisione del Papa di legittimare Ferrante d’Aragona. Si accusò L’Aquila d’aver pure preso le armi contro i capitani della Chiesa che militavano dalla parte di Ferrante e fornito aiuto ai soldati del condottiero Jacopo Piccinino, passato dagli aragonesi agli angioini. Per i pastori si palesò infiene la possibilità di una confisca di tutto il bestiame.

Così il Pio II prese la parola: “…Noi come clementissimo padre, havendo pietà de’ figli, ne piacque cessar dall’armi, e concedere a quelli una temporal pace, con queste leggi però, che non dovessero somministrar vitto all’inimico; Che non dovessero ricever l’essercito del Piccinino tra lor confini, Che no dovessero comprar preda presa nei nostri territorij se a questo contravenissero fussero astretti a pagar la pena de’ cinquanta mila scudi ogni volta, che ciò commettessero; Ciò di commun consenso essendo stato stabilito: i lor greggi, imperoche altrove per l’inverno non posseano dimorare, l’inviorrno agli nostri luoghi maritimi, havendo cosi pattuito con i gabellotti, e arrendatori di Santa Chiesa, che quelli per nissuna causa potessero esser ritenuti; dopo questo due volte, e più sono state violate da gli Aquilani queste leggi, e conditioni delal tregua, per questa causa habbiamo detto, che gl’Aquilani han perso le lor pecore, Voi oratori, di quello, per ben che confessate il delitto, e che i patti siano stati violati, negate non dimeno, che vi sia luogo alla retentione delle pecore, ostando la conventione havuta con gabelloti. Noi habbiamo rimesso il tutto alla determinatione de gli Auditori del nostro palazzo…”.

Il Papa dunque poteva prendersi le pecore ma un colpo di scena cambiò una sentenza che tutti pensavano fosse già scritta. Il pontefice infatti rivolto agli aquilani disse: “…havete indeso qual sia la sentenza degli Auditori del Sacro Palagio, le vostre pecore non perse, e fatte nostre con ogni ragione potemo noi quelle ritenerci, che se ciò faremo, serà minostre la vostra pena, che ‘l delitto; Ne Nissuno, che sia savjo, dirà che non sia fatto con ragione quel ch’il primo tribunale del mondo ha giudicato esser giusto, possemo Noi da gl’ingrati, e ribelli figliuoli esigger la pena, però non lo faremo, serà maggior la nostra clmeneza, che la vostra perfidia: andate e riducete li vostri animali a casa, che di raggione havevate persi. Noi li donoamo alla vostra communità, benche immeritevoli, imparate quanta differenza sia, tra l’ecclesiastico, & il temporale imperio: Nissuno che havesse offeso alcun Re, sin come voi havete offeso la Chisa da quello haresti ottenuto la gratia, che da Noi havete ricecuta, Voi da hoggi avante eccetto se totalmente sarete ingrati, v’astenerete d’offender la Chiesa di Roma…”.

Tutti restarono stupiti da questa decisione. Con astuzia il Papa guadagnò L’Aquila alla causa di Ferrante.

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Foto gentilmente concessa da Luigi Costantino

 

 

historiaregni

Historia Regni è un portale telematico dedicato alla storia, anzitutto quella italiana. Nasce su iniziativa di Angelo D’Ambra, è senza scopo di lucro e si avvale di collaborazioni gratuite. Le foto presenti sono state, in parte, prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo al nostro indirizzo email info@historiaregni.it e si provvederà alla rimozione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *