Le tragiche illusioni di Murat

Il tramonto tragico di Murat è segnato dalle illusioni suscitate da una smisurata stima che il re di Napoli aveva di sé, del proprio genio militare, della sua popolarità, della sua abilità diplomatica. Credeva di poter mobilitare centomila uomini alla conquista dell’Italia, ma ne arruolò appena quarantamila, un corpo eterogeneo che univa soldati esperti, copertisi di gloria su tutti i campi di battaglia, a contadini reclutati in fretta, senza alcun requisito militare. Il risultato fu mesto: il 2 aprile la I Divisione Napoletana prese Bologna scacciandone i novemila soldati dell’austriaco Vinzenz von Bianchi, poi occupò Modena, ma quando Murat in persona osò provare un precipitoso colpo a sorpresa per prendere, l’8 aprile, Occhiobello, senza neppure attendere l’artiglieria, la sconfitta fu disastrosa. Sei attacchi napoletani, privi di adeguata preparazione furono respinti ignominiosamente. Iniziò allora la ritirata: prima tappa fu Faenza, poi Forlì, arrivò una nuova sconfitta sul Ronco, da Neiperg, ed il ritiro fu affrettato, completandosi ad Ancona, il 29 di quel mese, con i napoletani ridotti appena a quindicimila unità.

Ancora una volta Murat tentò la sorte. l primo maggio il suo esercito i schierò sulle alture ad ovest di Macerata. Gli austriaci di Bianchi erano concentrati a Tolentino. Il giorno dopo, Murat provò a percorrere lo sperone che da Chieti va a Potenza per impadronirsi delle alture a nord della postazione austriaca, ma, prese Santa Lucia, Villa Lauri, l’altura di Cantagallo e poi Colenza, la battaglia fu angosciata dalle notizie che giungevano dal Regno di Napoli. La mente di Murat finì altrove, i suoi emissari l’informarono che dodicimila austriaci avevano invaso gli Abruzzi, che un imponente corpo austriaco era in marcia da Roma su Napoli e che le poche truppe napoletane lasciate a difesa dei valichi erano in fuga senza che Montigny potesse impedirlo. Ecco un’altra tragica illusione di Murat, aveva lasciato il suo regno sguarnito di difese credendosi immune da ogni contrattacco, protetto sempre dalla sorte e dall’entusiasmo dei suoi popoli. Considerazioni opportunistiche gli annebbiarono la mente e diede l’ordine di ritirarsi. “L’Italia non è matura per la libertà”, disse osservando il disordine, l’indisciplina e le diserzioni che laceravano il suo esercito. Ancora negò l’importanza dei suoi errori.

“Tutto è perduto, mia cara, fuorchè la mia vita; ed io non ho potuto morire”, riferì a sua moglie una volta rientrato, in incognito, a Napoli. Gli restava la fuga e fuggì. La notte del 19 maggio, munito di diamanti dal valore di mezzo milione raggiunse Posillipo, da qui, al galoppo arrivò a Miniscola. Abbandonati i cavalli nel bosco del Fusaro, tentò, in barca, di raggiungere Gaeta ma la presenza degli inglesi nelle acque del golfo lo indusse a sbarcare ad Ischia. E’ qui che apprese che tutto era perduto, che i suoi avevano capitolato firmando un trattato a Casalanza col quale consegnavano il regno a Ferdinando di Borbone. Quello stesso giorno riuscì ad imbarcarsi sul veliero Santa Caterina e tre giorni dopo sbarcò a Cannes. Da lì si spostò nelle vicinanze di Tolone sperando in Napoleone che invece crollava a Waterloo.

Ansioso, preoccupato, irascibile, tormentato dagli scrupoli, non stette nell’ombra. I reazionari insorsero a Marsiglia, lui scappò a Bastia. Preoccupato per la sua vita chiese asilo agli austriaci e lo ottenne, ma ancora una volta si lasciò vincere da assurde illusioni, travolgere da una insensata esaltazione, ancora una volta il suo ego lo rese irrazionale. Una flottiglia di sei barche salpò da Aiaccio salutata da un colpo a salve sparato dalla cittadella. A bordo vi si contavano duecentonovantotto uomini, Murat era con loro sulla Sant’Erasmo del capitano Barbara. Intendeva sbarcare nel regno, non si sa bene dove, forse a Salerno, forse a Pozzuoli, forse in Calabria. Credeva che il popolo insorgesse contro i Borbone al solo vederlo.

 

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Fonti librarie:

M. Mazzucchelli, Gioacchino Murat, 1932
G. Doria, Murat Re di Napoli, 1966
R. De Lorenzo, Murat, 2011
A. Dumas, Murat, 2005

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