Legami tra i regni di Napoli, Sicilia e Perù

Il primo tassello nella ricostruzione dei legami tra i Regni di Napoli e Sicilia e quello del Perù è costituito dai siciliani che presero parte alla conquista di Pizarro e Almagro ovvero Francisco de Mésina e Pietro Martín de Sicilia. Quest’ultimo appare tra i protagonisti della cattura di Atahualpa, ultimo sovrano dell’Impero Inca, nella battaglia di Cajamarca e divenne poi sindaco di Lima. Ve ne furono sicuramente altri perchè tra i condannati della ribellione del 1542, culminata nella Battaglia di Chupas, vi furono Antonio siciliano e Antonio de Lipari oltre che Antonio napoletano.

Possiamo anche pensare al Quipu di Napoli ma i legami col Perù nel Cinquecento furono però soprattutto artistici. Oltre la storia della Napolitana di Arequipa, il mondo artistico peruviano fu direttamente vissuto da figure come quelle di Angelino Medoro, nato a Napoli nel 1567, e Mateo Pérez de Alesio, nato a Lecce nel 1545. I due pittori occupano un posto centrale nella storia dell’arte rinascimentale nel Paese, in un ambiente già osannante al marchigiano Bernardo Bitti. Medoro si trasferì nel Nuovo Mondo seguendo commissioni di ordini religiosi, prima a Santa Fe di Bogotà in Colombia, poi a Quito in Ecuador, infine a Lima negli stessi anni in cui vi fu attivo Mateo Pérez de Alesio, ex allievo di Michelangelo, già noto per un ciclo di affreschi sul grande assedio di Malta conservato a La Valletta.

Anche nella letteratura l’influenza napoletana fu forte. Esempio ne sono il poema “La Cristiada”, del 1611, scritto dal domenicano Diego de Hojeda e profondamente influenzato da “Gerusalemme Liberata” di Tasso, e “Apologetico en honor de Gongora”, del 1662, di Juan Espinosa y Medrano, detto El Lunarejo, pure autore dell’opera teatrale “El rapto de Prosepina” accolta con tanto successo a Napoli, che riprende le idee di Giovanni Pontano.

Dal Regno di Napoli provenivano anche personaggi chiave della Compagnia di Gesù assorbiti dall’impegno d’evangelizzare gli indigeni locali come Nicola Duran Mastrilli, nato a Nola nel 1568, e figure centrali della storiografia peruviana come Giovanni Aniello Oliva, nato a Napoli nel 1574, autore di “Historia del Reyno y provincias del Perú y varones insignes en santidad de la Compañia de Jesus” e coautore, con Joan Antonio Cumis, nato a Catanzaro nel 1534, di “Historia et rudimenta linguae piruanorum”.

L’influenza italiana si rafforzò nel Seicento anche grazie ad esponenti dell’ambiente politico locale profondamente legati ai Regni di Napoli e Sicilia da matrimoni o esperienze di vita come Pedro Álvarez de Toledo y Leiva, vicerè del Perù dal 18 dicembre 1639 al 20 settembre 1648, ex membro del Consiglio collaterale di Napoli e tenente generale delle galee reali in Sicilia; Pedro Antonio Fernandez de Castro, conte di Lemos, vicerè del Perù dal 21 novembre 1667 fino al 6 dicembre 1672, marito di Ana Francisca de Bora y Doria di Melfi; Baltasar de la Cueva y Enríquez de Cabrera, viceré del Perù dal 15 agosto 1674 al 7 luglio 1678, figlio di Francisco III Fernández de la Cueva, vicerè di Sicilia, e di Ana Enríquez de Cabrera y Colonna; Melchor de Navarra y Rocafull, vicerè del Perù dal 20 novembre 1681 al 15 agosto 1689, ex membro del Consiglio collaterale di Napoli e marito della napoletana Francisca Toraldo de Aragón y Frezza, Princesa de Massalubrense.

In pieno Settecento questo legame continuò inalterato, sebbene Napoli e Sicilia si allontanassero dall’orbita di Madrid, con José de Armendáriz, vicerè del Perù dal 14 maggio 1724 al 4 febbraio 1736, soldato a Napoli e nelle battaglie di Filippo V a Messina e Francavilla, e Manuel de Amat y Junient, vicerè del Perù dal 12 ottobre 1761 al 17 luglio 1776, partecipe, al seguito di Carlo di Borbone, della battaglia di Bitonto e dell’assedio di Gaeta del 1734. Tuttavia le vicende più note sono quelle del viceré Carmine Nicola Caracciolo.

Chiaramente tutti i viceré si lasciarono accompagnare da studiosi, artisti e letterati italiani e tra essi vale la pena ricordare il messinese, Federico Bottoni, medico di corte al seguito del Caracciolo, autore, nel 1723, d’un trattato dal titolo “Evidencia de la circulación de la sangre”, fondamentale opera delle scienze moderne.

Così, nel giro di tre secoli il legame si consolidò. Secondo un censimento degli stranieri residenti a Lima, effettuato nel 1775, gli italiani erano il gruppo più numeroso, al di sopra del francese e del portoghese. Erano mercanti e marinai, proprietari di locande, taverne e caffetterie, che finirono per stabilirsi in Perù e formare famiglie con discendenti di italiani o originari del Perù.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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