La cinta muraria di Loreto

La cinta muraria di Loreto, in provincia di Ancona, dà l’esempio di una linea difensiva composita. Nell’immagine in copertina si nota a sinistra una rondella, nel centro un golfo, nell’angolo un bastione, dietro del quale sorge una torre fiancheggiante ed in fondo, sull’angolo, ancora una rondella. È dunque un “sistema misto” in cui bastioni e rondelle hanno un ruolo centrale.

Questa cinta muraria fu eretta a partire dal XIV secolo per respingere un eventuale attacco turco a “Villa di Santa Maria in Loreto”.

Il sacco di Otranto, nel 1480, che causò più di 800 morti nella città costiera del Regno di Napoli, seguì quelli meno noti di Porto Recanati, nel 1456 – tre anni dopo la caduta di Costantinopoli – , e di Grottammare, nel 1479, nello Stato Pontificio. L’Adriatico era in quegli anni solcato da navi corsare che seminavano morte e saccheggi sulle coste orientali dello Stato Pontificio e un buon sistema difensivo era assolutamente necessario per prevenire i danni delle incursioni.

Dal 1469, a Loreto era in atto la costruzione della nota basilica. La chiesa era un cantiere aperto, privo di difese e facilmente attaccabile, ancor più perché serbava una reliquia importante e popolarissima per la Cristianità: la “Santa Casa”. Proprio per questo il Cardinale Girolamo Basso della Rovere si preoccupò di far erigere un sistema difensivo capace di respingere un’eventuale incursione turca. Da Recanati fu inviato un primo contingente di armigeri e si iniziarono a reperire fondi per i nuovi lavori previsti per la basilica. Finalmente nel 1485 si iniziarono a costruire i camminamenti di ronda ed una torre di avvistamento, con Giuliano da Maiano e Baccio Pontelli, e si passò poi ad innalzare le mura cittadine con fosse e bastioni, su progetto di Andrea di Nicolò Sansovino e di Cristoforo Resse da Imola.

Il 5 giugno del 1518, nel porto di Recanati ricomparvero le navi turche. Le orde di Selim I fecero strage delle genti rifugiatesi nel Castello Svevo, e si temette che potessero raggiungere Loreto, fortunatamente invece i turchi restarono accampati a Porto Recanati per poi spostarsi verso sud continuando nelle loro spietate irruzioni.

Quando la notizia giunse a Leone X, il pontefice si mostrò preoccupatissimo ed emanò speciali disposizioni che aumentavano il numero di operai ed imponevano più alti ritmi ai lavori. Dal 1518 al 1522 furono impiegati tre architetti: furono ideate da Antonio da Sangallo il Giovane, realizzate da Cristoforo Resse da Imola e perfezionate da Andrea Sansovino. Il cantiere doveva compiersi in fretta, come da precisi ordini papali, così venne impiegato il materiale da costruzione preparato per il porto di Recanati, e furono messi al lavoro 400 operai, anche di domenica.

L’esito fu una imponente cinta muraria, caratterizzata dalla presenza di due grandi bastioni circolari e tre pentagonali. Furono eretti il Torrione Maggiore, sotto cui si costruì una cisterna di raccolta per le acque, ed il Torrione di Porta Marina con una garitta di vedetta, nonché la Porta Osimana, rivolta verso Osimo, che divenne l’unico ingresso alla città (e tale restò sino al 1590 quando fu chiusa con l’apertura di Porta Romana). Le mura vennero dotate di merli arcuati binati e munite di 26 pezzi d’artiglieria.

Nel sistema che fece di Loreto una città fortificata, si distinguono il bastione e la rondella, una sorta di torre molto bassa adeguata all’uso dell’artiglieria, e soprattutto il golfo, un sistema di difesa costituito prevalentemente da muri ritirati irregolarmente, con una angolazione della cortina che forma una specie di golfo, appunto, secondo il modo di difesa a tenaglia. Non è un caso che tutto ciò fu l’esito della mente di Antonio da Sangallo il Giovane, erede della scuola di architettura militare italiana di Antonio da Sangallo il Vecchio e Giuliano da Sangallo. I suoi servigi furono utili ad Ancona, a Perugia, a Firenze, a Roma, dove spiccano esempi di fortificazione con fronte bastionato.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: AA.VV, La città murata di Loreto; M., Loreto città.

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