La dedizione di Brescia agli Angioini di Napoli

All’infuriare dello scontro tra Manfredi di Svevia e Carlo d’Angiò, nel 1265, Brescia era retta da Uberto Pelavicini che reggeva anche le città di Piacenza e Pavia. Pelavicini armò delle milizie per tentare di frenare l’avanzata di Carlo d’Angiò in Lombardia.

Il partito guelfo allora si sollevò e Fra Taglione Boccaccio e Lanfanchino Lavellongo furono posti come rettori al governo di Brescia. Non mancò poco che la discordia conducesse ad una grave instabilità politica. Si aprì così un’aspra contesa tra le correnti municipali che vide i ghibellini e i guelfi alternarsi al potere e lotte intestine tra fazioni e famiglie distruggere la tranquillità sociale. Spontaneamente dunque Brescia si donò a Carlo d’Angiò in cambiò dell’ordine.

Anche le speranze che i ghibellini avevano riposto in Corradino erano naufragate con la Battaglia di Tagliacozzo e la cattura dello svevo così a Brescia non restava che chinare il capo. Il 22 maggio 1270 si conchiuse un trattato fra il vescovo di San Severino, Bertrando del Poggetto, il sindaco Pietro Imberti, per parte di re Carlo, e Jostaco de’ Bruciati, Bonincontro da Calvisano, Corrado Palazzo e Ognibene Lombardi, per parte dei bresciani. L’accordo stabiliva che Carlo d’Angiò avesse podestà su Brescia per tutta la sua vita purché rispettasse gli statuti, le consuetudini cittadine e la pace coi vicini, il Marchese d’Este, il Conte di Verona, i Comuni di Milano, Mantova, Ferrara, Cremona, Parma, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Piacenza.

Erano pure riconosciuti agli Angioini di Napoli tributi dalla città e dal suo distretto. In realtà, dunque, come annota Pietro Bravo in Storie Bresciane, da questa signoria non discendeva un “pieno ed assoluto potere” angioino su Brescia.

Il re di Napoli tenne il dominio diretto di Brescia per quindici anni servendosi di vicari. Alla sua morte lo stesso fece suo figlio Carlo II d’Angiò per altri quattordici.

Il 7 gennaio del 1285, giorno in cui Carlo I morì, suo figlio Carlo II si trovava prigioniero degli aragonesi in Sicilia, catturato in una battaglia navale nelle acque di Sorrento. I bresciani, ligi al patto, non mancarono di inviargli un loro ambasciatore, Benedetto Scannamoglieri, che manifestò al novello re di Napoli le doglianze dei suoi concittadini per il lutto. Scannamoglieri impegnò Brescia a pagare l’intero riscatto per la liberazione di Carlo II d’Angiò. Settemila zecchini furono consegnati ai siciliani e l’angioino tornò libero.

Il re di Napoli dimenticò presto il favore avuto e si disinteresso delle questioni lombarde. Il dominio angioino andò lentamente sfaldandosi e cessò totalmente quando la città, stanca di pagare solo tributi a Carlo II senza ricevere nulla in cambio, espulse il suo leale Tebaldo Brusato e nominò proprio il vescovo Berardo Maggi come suo principe.

Recuperata la sua totale indipendenza, Brescia finì sconquassata dal conflitto tra guelfi e ghibellini. L’impeatore Enrico VII di Lussemburgo la tenne sotto assedio e l’occupò schiacciando le famiglie gulfe, i Sale, i Griffi, i Lavillonghi, i Confalonieri. Prese settanta ostaggi, rampolli delle più nobili famiglie bresciane, e la lasciò che era lacerata dalla peste, malattia che nel 1313 uccise anche lui, dopo che aveva ottenuto la rendizione di Genova e l’incoronazione a Roma. Nel frattempo gli ostaggi fuggirono e, tornati in patria, vi riportarono la rivolta, scacciando i guelfi. A questo punto Firenze, col potente alleato Roberto d’Angiò, re di Napoli, vi si portò con le proprie armate ristabilendo l’ordine. Con questa pace si pattuiva la nascita di un nuovo consiglio composto da trecento ghibellini e duecento guelfi e che tra i primi si elegesse il podestà. Nel giro di un anno i ghibellini, con l’aiuto di Cangrande della Scala, tornarono a ribellarsi. Per tre anni inufriò una guerra civile fino a quando i guelfi, temendo la sconfitta, inviarono degli emissari a Genova, dove era Roberto d’Angiò, e gli concessero la signoria di Brescia.

Era il 28 gennaio del 1319 e da Napoli giungeva il vicario Giovanni Acquabianca, giureconsulto e consigliere del re angioino. Questi, per alleggerire la pressione ghibellina dei cremonesi su Brescia guelfa, favorì il tentativo di Giacomo Cavalcabò per tornare in possesso di Cremona e nel novembre 1319 fu al comando delle truppe bresciane che occuparono di sorpresa la città il 29 novembre. Durante queste operazioni militari, i bresciani, però, insorsero accusando l’Acquabianca di violenze alla figlia del concittadino Negro da Poncarale. Roberto d’Angiò dovette dunque sostituirgli Simone Tempesta.

Per circa un decennio Roberto d’Angiò restò Signore di Brescia poi il dominio fu offerto a Giovanni re di Boemia che, il 31 dicembre del 1330 fece il suo ingresso in città.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: C. Cocchetti, Brescia e la sua provincia

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