Amedeo VI di Savoia nell’impresa di Napoli

Il valoroso Amedeo VI di Savoia morì in Molise dove guidava l’esercito di Luigi I d’Angiò contro i durazzeschi.

Nel 1382 Carlo di Durazzo, col riconoscimento di papa Urbano VI, assunse la corona di Napoli col nome di Carlo III. Il regno era in un profondo disordine, la regina Giovanna era prigioniera a Nocera Inferiore ed invocava l’intervento armato dell’erede da lei prescelto: Luigi I d’Angiò-Valois, duca d’Angiò, figlio secondogenito del re di Francia, Giovanni II.

Carlo di Durazzo, pronipote di Carlo d’Angiò e cugino di Giovanna I d’Angiò, era stato da questa adottato come figlio e dunque successore. Essendosi però schieratosi con Urbano VI, mentre Giovanna patteggiava per l’antipapa, si vide respinto dalla regina che passò ad adottare Luigi I.

Questi, incoronato re di Napoli ad Avignone dall’antipapa Clemente VII, organizzò un vasto esercito con l’obbiettivo di schiacciare le pretensioni di Carlo di Durazzo. Accorsero allora al suo seguito numerosi condottieri di fama e tra questi c’era pure Amedeo VI di Savoia, detto il Conte Verde per la predilezione per questo colore che usò non solo per i suoi vestiti, ma anche per le divise dei suoi soldati e per gli arredi delle sue stanze.

Amedeo VI di Savoia, figlio primogenito di Aimone di Savoia e di Iolanda Paleologo di Monferrato, nacque a Chambéry, il 4 gennaio del 1334. Fu tra le più alte figure della cavalleria medievale. All’età di nove anni fino all’età di quarantacinque, rispettò il voto di digiuno al venerdì e sabato e di astensione da carne e pesce al mercoledì, lavando ogni venerdì santo i piedi a dodici poveri; pur amando la caccia, la musica, gli scacchi e la letteratura. Si distinse in vita per l’abilità politica ed il valore militare. Fu lui ad istituire l’Ordine Supremo della Santissima Annunziata. Partecipò alle guerre in Oriente (1358-1372) e, rinomato in tutta Europa per il suo valore, fu anche arbitro in numerose contese, una su tutte la Guerra di Chioggia dove ottenne la stipulazione di un trattato tra Genova e Venezia.

Col premio del Vallo di Diano, di Cuneo e del Piemonte, allora di proprietà dei Conti di Provenza e re di Napoli, Amedeo radunò un esercito molto grande ad Asti ed il 17 luglio del 1382 si mise in marcia. Il Conte Verde attraversò Tortona, Voghera, Piacenza, Modena, Bologna, Imola, Ravenna, Ancona ed entrò nell’Aquilano il 17 settembre. Il venticinque di ottobre era a Caserta. I successi non erano mancati seppur gli scontri erano stati assai rari. L’Aquila aveva aperto le porte, Nola, Maddaloni e Montesarchio avevano giurato fedeltà a Luigi I d’Angiò-Valois, ma Amedeo già mostrò i sintomi della malattia che l’avrebbe portato alla morte (A.V. Tomeo, Storia della casa di Savoia dalla sua origine fino ai nostri giorni).

Fu curato dal medico e chirurgo Azzolino di Camerino, al suo stipendio per la somma di 25 ducati d’oro al mese. L’attività dei durazzeschi non era però affatto placata e la regina Giovanna, prigioniera ora nel Castello di Muro Lucano, fu raggiunta da sicari e strozzata con un laccio di seta.

La strategia di Carlo III era molto semplice: evitare lo scontro diretto e lasciare che l’esercito nemico si sfaldasse per la scarsità delle vettovaglie e la diffusione della peste. Così si perse tempo dissimulando volontà di pace, minacciando nuovi scontri e riproponendo accordi. Fu pure ricevuta da Amedeo VI, ora affiancato da Luigi I d’Angiò-Valois, l’ambasciata del Duca d’Andria, del Conte di Nola e del Conte di Loreto per proporre duelli risolutori dieci contro dieci e scegliere il luogo della contesa, ma quel combattimento non ebbe mai luogo. Il tempo passava e la peste divorò il corpo di Amedeo.

“Infrattanto Amedeo procede vittorioso: nemico delle superstizioni e geloso del proprio onore sentenzia a morte un mago che promette fargli avere per incanto il castello dell’Ovo; prende Montesarto, di là entra in Campobasso, poi occupa il castello di Santo Stefano nel contado di Molise in Puglia, e quivi è colpito dall’epidemia che infesta il suo esercito”, scrive G. Stefani in “Il conte verde”. In queste circostanze Luigi d’Angiò ricevette dall’agonizzante Amedeo VI l’anello di San Maurizio, simbolo di investitura dei dominii di Casa Savoia, affinchè lo consegnasse a suo figlio (Cenni storici sui Marescialli dei Savoia, in Rivista contemporanea, Gennaio 1858).

Il 1 marzo del 1383, a Santo Stefano, presso Campobasso, il Conte Verde, assistito da un monaco cistercense, spirò. Il suo corpo fu posto con aromi in una cassa di cipresso ed imbarcato a Pozzuoli per la Francia. Venne sepolto nell’Abbazia di Altacomba.

Sotto il portico del Municipio di Campobasso c’è una targa di marmo, che ricorda la sua morte, con la retorica cara all’Ottocento: “Nel Castello di S. Stefano, in questa contrada del Sannio, fu da immatura morte rapito il 1° di marzo 1383 Amedeo VI, quel fiore di cavalieri italiani che dalle sue vestimenta cognominato Conte Verde, invincibile nei tornei terribile nelle battaglie, recò vittoriosa e liberatrice in Oriente la Croce di Savoia e per armi e per ossequio spontaneo di popoli aggrandì l’antico Stato di Piemonte, nucleo dell’Italia novella – il Municipio di Campobasso affida a questa pietra la memoria di lui oggi, 22 aprile 1893, che il popolo italiano con libero e unanime plauso saluta il XXV anno compiuto del nodo maritale tra Umberto I e Margherita, fulgidissime gemme della stirpe sabauda”.

Luigi d’Angiò non conobbe sorte diversa, lo scontro diretto con Carlo III non si consumò mai e, il 20 settembre del 1384, morì a Bisceglie, a seguito delle ferite riportate in combattimento contro i durazzeschi nel sacco di Bisceglie del 13 settembre 1384. Amedeo VII, occupato ad assediare il Castello di Dombes, ricevette l’anello di San Maurizio dal Principe di Morea.

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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