I vicerè austriaci e la ricostruzione della flotta napoletana

Con questo articolo analizzeremo l’impegno dei vicerè austriaci nella ricostruzione della flotta napoletana.

  • Le direttive di Vienna e l’impegno dei primi vicerè

Occupata Napoli il 7 luglio del 1707, gli Austriaci mantennero il sistema politico spagnolo ripristinando il Consiglio Collaterale, maggior organo di governo della monarchia spagnola, e reintegrandovi il magistrato Serafino Biscardi, figura di spicco degli ultimi anni del governo spagnolo. La vera novità fu rappresentata dalla creazione della Giunta di Commercio, di cui proprio il Biscardi fu a capo.

Tra le prerogative del nuovo governo, affidato in un primo tempo a George Adam von Martiniz, poi subito sostituito dal generale Wirich Philipp Lorenz von und zu Daun, si inserivano l’apertura dei commerci ad Inglesi ed Olandesi, alleati nella guerra contro Francia e Spagna, la costruzione di una flotta di 20 vascelli da guerra da aggiungere alle 4 galere che il regno già annoverava, da destinare alla difesa delle navi mercantili, e la ricostruzione delle fortificazioni distrutte nella conquista del regno. Vienna desiderava il ristabilimento del commercio nell’Adriatico e nel Mediterraneo con la ridefinizione di un circuito commerciale marittimo interamente legato ai porti dei domini asburgici in cui la flotta napoletana avrebbe dovuto anzitutto difendere i convogli mercantili che si recavano in Sicilia ed in Puglia per caricare derrate alimentari necessarie per l’approvvigionamento annonario napoletano.

Un nuovo organo di governo, la Giunta dell’Arsenale, tenne il controllo della flotta. La Giunta fu affidata al Principe di Montesarchio, figura di grande valore militare e navale sotto gli Spagnoli, che già all’entrata degli Austriaci aveva avuto la direzione del quartiere del Mercato. Il Principe si diede da fare con ogni mezzo per ricostruire la flotta di galere e vascelli da guerra. Concesse pure “patenti di corso” per rispondere alla pirateria ottomana, assecondando le politiche prima di Martiniz, poi di Daun.

Un particolare interessante è che Giuseppe de Liguoro, padre del Sant’Alfonso, assunse il comando di una squadra di galere comprensiva di unità fatte venire dalla Spagna, divenendo poi, prima Capitano della fanteria della padrona ed in seguito Capitano della stessa padrona.

Daun fece pure acquistare a Genova una nave da guerra, pagata 15.000 ducati, parte del primo donativo dato dal Regno, secondo un antico uso spagnolo. Eguale politica seguì il Cardinale Giuseppe Grimani, che il primo luglio sostituì il Daun nella carica di vicerè. Il cardinale fece armare sei tartane e le destinò a Reggio Calabria per difendere le coste e scortare le imbarcazioni cariche di grano per l’approvvigionamento annonario. Un vascello da guerra fu poi armato dall’Impero austriaco, il San Giuseppe, posto al comando del cavaliere Pallavicini.

In tal modo, ai primi del 1708, risultava costituita una prima squadra per il Regno di Napoli composta dalla galera di Stefano Doria, generale della “Squadra di galere particolari di Genova”, asientata per 3000 ducati annui, dal vascello del capitano genovese Germano Prasca e dal vascello del Principe d’Avalos insieme a qualche galera asientata di volta in volta. Dopo la morte del d’Avalos, avvenuta il 20 febbraio 1709, il suo vascello non fu più utilizzato; il San Giuseppe ed il vascello del Prasca furono invece usati per proteggere i convogli di tartane che andavano a caricare vettovaglie in Puglia. Nel contempo si continuavano ad armare feluche lunghe costruite a Bagnara per difendere i mari di Calabria ed a Napoli si armavano due feluconi e due tartane, utilizzate anch’esse contro la pirateria.

Fu però il viceré Carlo Borromeo Arese, nominato il 15 ottobre 1710, a dare grande impulso alla costruzione della flotta napoletana. Egli fece rifornire il Regio Arsenale con cento remi per le galere napoletane, tagliati nelle montagne cilentane, ordinò la costruzione di nuove galere e vascelli e visitò in più occasioni i cantieri. Poco dopo il suo arrivo, a fine mese, il viceré dette ordine di completare il vascello San Leopoldo e di fabbricarne un altro in Buccari (odierna Bakar), secondo le direttive dei capomastri napoletani, convergendo con le direttive dell’Impero austriaco che pianificava lo sviluppo della cantieristica lungo le coste adriatiche tra Trieste e Fiume. Nel contempo il viceré faceva anche risistemare le galere. Fece il possibile per trovare i fondi necessari ma per limitare i danni delle scorrerie dei corsari turchi e barbareschi continuò a concedere patenti di corsa.

Queste politiche recepivano gli ordini della monarchia asburgica secondo cui la flotta era necessaria per cambiare il sistema di difesa. Non si riteneva utile una “difesa passiva” affidata a torri e fortificazioni, come si era fatto nel periodo spagnolo col regno era diventato una “frontiera disarmata”. Era invece necessaria una “difesa attiva”, da attuare con una flotta numerosa e ben armata, composta da galere, che dovevano proteggere i convogli mercantili tra Abruzzo, Puglia, Sicilia e Napoli o Barcellona, dove risiedeva Carlo d’Asburgo.

Dopo la morte Giuseppe I, proprio Carlo fu incoronato imperatore e le potenze europee vollero concludere le ostilità siglando la Pace di Utrecht e quella di Rastadt, che sancivano anche il possesso austriaco del Regno di Napoli e sembrava rendere possibile il sogno di un Mediterraneo asburgico.

  • La Seconda Guerra di Morea e la presa di Belgrado

Nel frattempo Venezia, rimasta isolata, perché neutrale nella Guerra di Successione Spagnola, fu attaccata dagli Ottomani nel 1714 e due anni dopo l’Impero austriaco entrò in guerra al suo fianco. I due anni che precedettero l’entrata in guerra funsero da preparazione: il viceré Daun, al secondo mandato, emanò il “Real Regolamento de la Marina” per organizzare un “armamento Navale destinado a la defensa de las costas de esse Reyno, y para la seguridad de su comercio” e, con un secondo regolamento, riadeguò la dotazione delle fortezze napoletane.

Per tutta la primavera e l’estate si continuò a fortificare le terre di marina adriatiche e ioniche, specie quella di Otranto. Questo fervore costruttivo derivava dalla concreta preoccupazione dello scoppio della guerra con gli Ottomani che stavano rioccupando i territori della Morea e volevano espandersi in Ungheria. Daun aveva pure inviato da Napoli 2500 soldati con le navi San Leopoldo e San Gennaro per farli sbarcare a Fiume e poi raggiungere l’Ungheria, inoltre fece armare nella darsena della capitale sei galere “per corseggiare nelli mari del … Regno”, mentre gli Ottomani assalirono Corfù.

Finalmente ai primi di agosto, si raccolse tutta l’armata della nuova Lega Santa, in totale “19 galere, 9 vascelli, 5 galere di Malta, 5 d’Angiò, 4 del papa, 3 di Firenze, 2 di Genova” e 8 navi, 4 del Papa e 4 di Malta, mentre si attendevano quelle di Spagna e Portogallo; inoltre era stato spedito da Venezia un convoglio di 7 navi mercantili con munizioni e provviste, atteso nel porto di Otranto, che fungeva da base logistica insieme a quello di Brindisi. Nel contempo Daun spediva a caccia di navi nemiche il vascello San Leopoldo con la galera capitana, sotto il comando del Generale Fuenclara, che si diresse a Ponza per difendere i confini del Regno. Ma mentre continuavano ad arrivare convogli a Brindisi per sostenere l’assedio e Corfù veniva difesa strenuamente dalle truppe comandate dal Generale Schulenburg, i Turchi si ritirarono. Questa notizia giunse il primo settembre a Napoli e qui una settimana dopo furono celebrati solenni festeggiamenti. Il pericolo però non era cessato, le navi portoghesi continuarono a perlustrare le coste pugliesi mentre l’armata veneta sorvegliava Corfù. Nel contempo i corsari di Dulcigno, approfittando della situazione critica, scorrevano facilmente i mari, riuscendo a catturare alcuni prigionieri nella marina di Lecce. Intanto a Napoli si continuava ad organizzare la flotta, a cui fu aggregato il nuovo vascello San Carlo, e si armavano le galere inviate “in traccia” dei corsari barbareschi.

L’esercito austriaco, comandato dal Principe Eugenio di Savoia conquistò la fortezza di Belgrado e nei festeggiamenti di Napoli furono esposte nella Cappella di San Gennaro due bandiere prese ai Turchi e portate in dono al viceré. Ma si temevano ancora attacchi perciò nei primi del 1718 furono stanziati reggimenti alemanni lungo tutta la costa adriatica, da Manfredonia a Otranto e Lecce, mentre due galere napoletane erano inviate a Reggio Calabria per difendere la piazzaforte. Alla fine, il 21 luglio 1718, fu firmato a Passarowitz un trattato di pace tra Carlo VI e il sultano Ahmed III.

  • Il sogno di un Mediterraneo asburgico

Il sogno di un Mediterraneo asburgico, superata la crisi, si concretizzò con la patente promulgata il 2 giugno 1717 con cui si sanciva la “sicura e libera navigazione nell’Adriatico”, considerato fino ad allora “mare veneziano”. Il trattato di commercio tra l’Impero austriaco e la Porta ottomana, nonché lo status di porto franco decretato per Trieste e Fiume ed il successivo possesso austriaco della Sicilia con la costituzione del porto franco di Messina, permise a questi progetti di non restare solo sulla carta, surclassando la presenza veneta.

Il 27 maggio 1719 fu istituita la Compagnia Cesarea Orientale, su modello di quelle britannica e olandese, con sede a Vienna e Trieste, che doveva diventare uno strumento per lo sviluppo commerciale dell’Impero.

Nel contempo nel cantiere partenopeo si costruivano altri due vascelli, San Carlo e Santa Barbara, armati con cannoni e ancore fatti venire dall’Olanda. Così anche il Regno di Napoli contribui all’ampliamento della Compagnia: difatti nel 1723, pur essendo stato interrotto il commercio regolare con Messina, si era deciso

di organizzare una spedizione commerciale in Portogallo con un convoglio di navi mercantili che partirono da Trieste e Fiume scortate da navi da guerra, tra cui le suaccennate due della flotta napoletana. Il convoglio arrivò a Lisbona, ma la spedizione non dette i risultati sperati: le merci rimasero invendute e tre

navi delle cinque inviate furono vendute nel porto d’approdo. Da quel momento la Compagnia rivolse

la sua attenzione solo al commercio tra l’Adriatico, la Sicilia e il Levante. Si tentò anche di intraprendere relazioni con la Moscovia, ma il viaggio per San Pietroburgo era lungo e necessitava di navi adeguate, mentre grazie ai buoni rapporti con la Porta ottomana si svilupparono trattati di commercio con gli Stati barbareschi nordafricani, autonomi, ma tributari di Istanbul.

La Compagnia fallì nel 1731, ma Napoli continuò sempre a fornire il suo contributo con denaro e con la costruzione di nuove imbarcazioni. Nel 1724 la flotta napoletana era composta da quattro galere, Capitana, Padrona, Santa Elisabetta e San Carlo, e quattro vascelli o navi da guerra, Santa Barbara, San Leopoldo, San Carlo, San Mochele.

Grande rilevanza ebbe la marina mercantile dei territori della Penisola sorrentina, Piano, Meta e Vico Equense, e quella cantieristica di Castellammare e di Procida. La preoccupazione principale restava però quella della difesa del regno. Non solo il mai cessato pericolo piratesco, ma anche il Trattato di Siviglia del 1729 tra Francia, Spagna, Inghilterra e Olanda che apriva le porte d’Italia all’arrivo di Carlo di Borbone, dettarono riparazioni urgenti alle fortezze di Gaeta e Pescara, con una intensa politica fiscale atta a reperire i fondi necessari alla guerra che frenò la riorganizzazione della flotta napoletana.

Quando il 20 marzo 1734 comparvero tre grosse navi da guerra spagnole nel golfo partenopeo, il Marchese Gianluca Pallavicini, salpato sulla galera Capitana per attaccare con l’ausilio delle altre galere e del vascello Santa Elisabetta, dovette arrendersi per l’esiguità delle forze navali napoletane.

 

 

Autore articolo: Maria Sirago

Fonte foto: Angelo D’Ambra

Bibliografia: M. Sirago, La ricostruzione della flotta napoletana e il suo apporto nella difesa dei mari nel Viceregno Austriaco (1707-1734), in Archivio Storico per le Province Napoletane, Napoli 2016

 

 

 

Maria Sirago, ricercatrice e pubblicista, si occupa di storia marittima nei suoi vari aspetti, con studi sul sistema portuale meridionale, sulla flotta meridionale in epoca spagnola, austriaca e borbonica, sulle imbarcazioni mercantili, sulle assicurazioni marittime, sul commercio, sulle scuole nautiche e sui sistemi di pesca, sul commercio napoletano tra il Mar Nero ed il Mar Baltico in epoca borbonica.

 

historiaregni

Historia Regni è un portale telematico dedicato alla storia, anzitutto quella italiana. Nasce su iniziativa di Angelo D’Ambra, è senza scopo di lucro e si avvale di collaborazioni gratuite. Le foto presenti sono state, in parte, prese da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, non avranno che da segnalarlo al nostro indirizzo email info@historiaregni.it e si provvederà alla rimozione.

2 pensieri riguardo “I vicerè austriaci e la ricostruzione della flotta napoletana

  • 21 Novembre 2018 in 16:30
    Permalink

    Articolo molto ben concepito. Da anni sto raccogliendo informazioni e materiale sugli aspetti militari nel regno di Napoli. Con altri amici stiamo per pubblicare una serie di volumetti sulla guerra di Sardegna e Sicilia 1717-1720, nella quale gli aspetti della guerra sul mare giocarono un ruolo fondamentale sull’esito del conflitto. Nel volume dedicato all’esercito imperiale austriaco (dovrebbe uscire entro la primavera 2019) tratteremo anche della marina del regno di Napoli.

    Rispondi
    • 21 Novembre 2018 in 18:12
      Permalink

      Ottimo il primo volume della serie! Complimenti!

      Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *