La Signoria Scaligera di Verona

Gli Scaligeri governarono Verona per centoventicinque anni, come protagonisti della sua crescita e della sua decadenza in un contesto territoriale turbolento.

I territori longobardi e bizantini del Nord Italia furono sin dal X secolo economicamente interdipendenti. Venezia, Milano, Brescia, Verona, Mantova, Cremona, Parma, Reggio Emilia e Modena, più tardi Lucca, furono il centro di un prospero commercio fra Oriente ed Occidente che trovava nella “Via Franchigena”, che da Milano raggiungeva Piacenza e Lucca, e nei corsi del Po e dell’Adige, gli snodi chiave di ogni itinerario mercantile.

Se nell’entroterra il fiorire degli scambi portò alla nascita di una molteplicità di mercati e di fiere – con Vercelli, Ferrara, Pavia e Piacenza che misero in moto commercio e artigianato – Venezia, sul mare, poté usufruire dell’appalto dei trasporti marittimi di legno, sale e grano per conto di Bisanzio e costruire la sua fortuna commerciale consolidando il dominio dell’Istria, della Dalmazia, della costa adriatica sino ad Ancona. La produzione e la distribuzione di sale, le permettevano di pagare i viveri che importava dalla Lombardia, regione che invece rappresentava il centro monetario d’Italia, con Milano a guida della produzione di beni di lusso come i panni di lana.

Tra Venezia e Milano, la città di Verona tentò di ritagliarsi il suo spazio.

Un primo protagonismo di Verona sorse come risultato dell’iniziativa di Ezzelino da Romano. Costui, appartenente ad una famiglia signorile che, vassalla di vescovi e monasteri, controllava Bassano ed altre piccole comunità, riuscì per trentatré anni a tenere Verona, Vicenza, Padova e Treviso, muovendosi all’ombra del conflitto tra Federico II e la Lega LombardaEzzelino fu vicario imperiale in Italia, sposò Selvaggia, figlia di Federico II, e approvò il primo statuto veronese.

Il ruolo di Verona crebbe però coi Della Scala. In questa famiglia di origine mercantile, strettamente legata alla proprietà terriera, individuiamo tre figure fondamentali: Leonardino detto “Mastino”, che detenne il potere dal 1259 come capitano del popolo e poi come podestà, venendo a rappresentare, per primo, gli interessi della borghesia di Verona; Alberto, fratello di Mastino, che, alleatosi coi Visconti e i Castelbarco, garantì a Verona il possesso di Vicenza e quello della regione compresa tra il Garda, il Mincio e il Po, cui aspiravano pure Ferraresi e Mantovani; Cangrande, – forse la figura più importante della Signoria Scaligera, uomo illuminato, difensore delle arti, protettore dell’esule Dante Alighieri, – che batté Mantova, Ferrara, Padova morendo nel 1329 nella presa di Treviso.

L’espansione di Verona lambì le Alpi, ad esclusione di Trento, ed il Po, ad esclusione di Mantova, ad est toccò Chioggia, ad ovest, il Taro. Nel contesto descritto, Verona doveva tutelarsi, oltre che da sedizioni interne e contrasti in seno alla famiglia governante, anche dalle pressioni dei Visconti ad ovest, alleati dei Gonzaga e degli Estensi a sud, nonché dai Carraresi in combutta con Venezia. La città si dotò quindi di castelli a nord e ad est che avevano la funzione di sbarrare l’avanzata nemica ed a sud fortezze che avrebbero permesso di controllare l’area del Po, parliamo del Castello di Ostiglia, e l’area di Padova, parliamo della Fortezza di Legnago.

Non bastò. Attraverso la IV Crociata e la conquista di Costantinopoli, Venezia aveva consolidato il suo dominio sul mare e non si mostrava più disposta ad accettare ostilità nell’entroterra dove, non solo la Milano dei Visconti, ma anche Verona imponevano gabelle sulle merci di passaggio, colpendo ogni traffico mercantile. L’instabilità politico-territoriale era poi rafforzata dalle pretese dei Ferraresi e dei Mantovani, oltre alle mire Fiorentine su Lucca. Così scoppiò una guerra che in poco tempo ridusse i confini della Signoria Scaligera a quelli del 1311, con la sola eccezione dei diritti sull’intero Lago di Garda concessi da Carlo IV di Lussemburgo nel 1357, del territorio parmense e di Lucca.

Ogni sogno dei Della Scala era tramontato, Verona vedeva ridotte le sue ambizioni. Era fallito l’obbiettivo di una pianura padana unificata politicamente e capace di resistere alle pressioni dei confinanti, come desiderato da Cangrande. Verona non era riuscita ad essere neppure uno stato cuscinetto tra Venezia e Milano.

Se l’imponente espansione aveva fatto di Mastino II, con 700 mila ducati di rendita annua, il signore più ricco d’Europa, i suoi successori non regnarono più su undici città ma solo su Verona e Vicenza. La famiglia si indebolì e si divise: Cangrande II fronteggiò la rivolta del fratellastro Fregano, appoggiato dai Gonzaga; Bartolomeo ed Antonio furono travolti dalla lotta tra Venezia e Milano in cui i Visconti occuparono definitivamente il territorio veronese; morto Giangaleazzo Visconti, il tentativo di Guglielmo Della Scala di ripigliarsi la città con l’appoggio dei Carraresi, fallì miseramente con l’avvelenamento di Guglielmo da parte dell’alleato Francesco II da Carrara. Nel 1405, Verona, in cambio del riconoscimento dei suoi statuti, chiese l’asservimento a Venezia.

 

 

 

Autore articolo: Angelo D’Ambra

Bibliografia: B. Bresciani, Castelli Veronesi

M. Carrara, Gli Scaligeri

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